Ieri la prova di matematica, un dramma per tanti ragazzi, e soprattutto per il popolo dei DSA. Mi chiedo, cosa hanno fatto per dover subire tante umiliazioni? Nel mio territorio voci certe confermano che in alcune scuole neanche gli insegnanti sapevano fare la prova di matematica. Mi domando ma a cosa serve? A chi serve? Ma cosa dobbiamo dimostrare e a chi? Abbiamo un anno ma qualcosa dobbiamo far cambiare.
Tratto dall'Unità
Ne parliamo (male) da mesi, ma ieri le abbiamo fatte davvero: parlo delle prove di Stato Invalsi 2011 per la scuola media. A tutti coloro (esperti o no) che vogliono continuare a discuterne, propongo prima di provarle. Per esempio, qui c'è la prova d'Italiano: i ragazzi ci hanno messo un'oretta, un adulto che naviga su internet dovrebbe cavarsela in molto meno tempo (facciamo una ventina di minuti?) Ricavare il vostro voto (o valutazione oggettiva) è molto più macchinoso, comunque se volete provarci le risposte e i criteri per l'attribuzione dei punteggi sono qui.
Nei mesi scorsi, gli insegnanti che hanno osato criticare le prove sono stati spesso accusati di voler rifuggire una valutazione oggettiva delle proprie competenze; come se gli insegnanti non vivessero sulla propria pelle ogni giorno la valutazione di alunni, colleghi, genitori, dirigenti (davvero, se il giudizio degli altri ci facesse così paura ci saremmo probabilmente trovati un altro mestiere). A chi faceva notare i difetti dei test, gli esperti rispondevano che l'importante era avere finalmente uno strumento oggettivo, ancorché “perfettibile”.
Siamo al quarto anno, e il test continua a essere molto “perfettibile”. Quello di quest'anno per esempio mi sembra persino più “perfettibile” di quello dell'anno scorso. Non è tanto la difficoltà dei brani proposti (non semplicissimi), quanto l'ambiguità delle domande - o meglio, delle risposte disponibili. Vediamone alcune:
La compagna di scuola (E. Vittorini)
Un primo appunto sulla scelta del brano: Vittorini non è un autore semplice, nemmeno in questa versione riadattata che lascia filtrare comunque termini abbastanza desueti (“Parasanghea”, “canuto”, “repentino”)
in grado di mettere un po' in soggezione il lettore quattordicenne (ricordo che la prova nazionale la fanno tutti gli studenti medi della Repubblica, inclusi i ragazzi di origine non italiana che non possono portarsi il vocabolario da casa). C'è un bel gradino, per esempio, tra questo brano del Garofano rosso e quello di Francesco Piccolo di un anno fa.
A1. Il protagonista-narratore è uno studente del Ginnasio-Liceo. Di quale classe, probabilmente?
La risposta non era impossibile, ma vale la pena soffermarcisi un po'. Vittorini dà per scontato, e gli esperti Invalsi con lui, che sia chiaro a tutti i quattordicenni che cos'è un Ginnasio-Liceo: l'unico corso di scuola media superiore in cui i più grandi fanno la “terza” e non la “quinta”. Ebbene no, non è così scontato. La prova nazionale la fanno tutti gli alunni di terza media: gran parte di loro vive in località dove non c'è un Ginnasio-Liceo Classico, e non ha mai preso in considerazione l'ipotesi di iscriversi a un Ginnasio-Liceo Classico; anche perché (a differenza dei tempi di Vittorini), gran parte della scuola italiana non gira più intorno al prestigioso Ginnasio-Liceo Classico. Poi, ripeto, anche chi non avesse mai dato un'occhiata al piano di studi di un Classico poteva trovare nel testo gli indizi per rispondere correttamente; la domanda era comunque un po' disorientante, e faceva affidamento su una cultura generale che a quattordici anni oggi non è affatto scontata. Ma fossero questi i veri problemi...
A2. Alla riga 10, l’aggettivo “sgobboni” riferito a compagni significa...
A. molto antipatici
B. molto studiosi
C. molto ingobbiti
D. molto intelligenti
“Sgobboni” è un termine colloquiale, al limite del gergale, di sessant'anni fa (Il garofano rosso è del 1948, anche se sul fascicolo c'è scritto 1972). Può darsi che in certe zone d'Italia sia ancora di uso comune; non nella mia. Anche qui, il contesto aiutava a chiarire. Ma il quattordicenne che non ha mai sentito il termine può farsi un dubbio in più e perdere altro tempo. Se volevamo accertare le sue competenze lessicali, forse c'erano termini più importanti.
A6. Come reagisce il protagonista ogni volta che sente l’urlo di uno dei piccoli?
A. Gli viene il desiderio irrefrenabile di partecipare ai loro giochi
B. Gli vien voglia di mettersi a correre come un cavallo
C. In cuor suo si sente ritornare il bambino vivace che era stato
D. Vorrebbe saltare anche lui dai gradini della cattedrale
Qui cominciano i problemi seri, secondo me. Per l'Invalsi la risposta esatta è la C. Io francamente non avrei saputo scegliere. Vittorini scrive: “ogni volta che l’urlo di uno dei piccoli andava lontano oltre la strada sulla prateria della piazza mi sentivo nitrire dentro e ritornare cavallino com’ero stato quando anche io dai gradini della cattedrale spiccavo il volo radente sopra l’asfalto”. Un quesito come questo valuta la comprensione? Chi ha risposto C ha compreso meglio di quelli che hanno risposto A o D? La mia sensazione è che chi risponde C, più che una comprensione, stia fornendo già un'interpretazione. O meglio: sta scegliendo l'interpretazione che gli fornisce il Maestro, pardon, l'Invalsi.
A8. Come viene descritta la ragazza? Ritrova nel testo le informazioni che la riguardano e riportale nella tabella completandola.
La Prova Nazionale non è esattamente quel "test chiuso" che molti immaginano. In realtà per molti quesiti è prevista una risposta semi-aperta; vale a dire che il candidato ha dei margini per rispondere, il che complica la vita a chi corregge e perturba probabilmente i risultati. Per esempio, Vittorini dipinge una ragazza dagli “occhi chiari, fieramente grigi”; in sede di correzione era considerato corretto sia “occhi chiari” che “occhi grigi”: meno male. Però poi bisognava per forza scrivere che Giovanna era “bruna”: si trattava dell'unica risposta consentita. Ma in italiano corrente “bruna” si riferisce di solito al colore dei capelli, mentre Vittorini, scrivendo “viso di bruna”, ha in mente l'incarnato; però “bruna” per l'Invalsi è una risposta buona, “viso di bruna” non si sa, forse no (in una scuola che conosco, dopo un po' di dibattito, si è deciso di no; in altre probabilmente sì; forse gli esperti avrebbero potuto evitare casi dubbi come questi, anche perché in alcune classi tutti i moduli dovevano essere corretti in una mezza giornata, visto che stamattina si comincia con le prove orali, e insomma non c'era tutto questo tempo per un dibattito filologico).
A10. Dopo essere stato guardato, il protagonista mette in atto una serie di comportamenti per farsi notare dalla ragazza. Indicane due.
Un altro caso in cui gli esperti Invalsi potevano fare uno piccolo sforzo di chiarezza in più, ed evitare un pasticcio. Le risposte che forniscono sono tutte alla prima persona, così come il brano di Vittorini (“mi misi dietro a lei tenendo dieci passi di distanza”, “a tutte le uscite l’accompagnavo”). Ma i ragazzi di solito rispondono in terza persona (“si mise dietro a lei”, ecc.), seguendo una prassi che è tipica dei questionari sui loro libri di testo. Ieri ho corretto diciotto prove: nessun candidato aveva risposto in prima persona (e comprensibilmente, nessuno di loro essendo Elio Vittorini). Un correttore che volesse essere fiscale potrebbe invalidare tutte le risposte. D'altro canto, perché un correttore dovrebbe essere fiscale, finché corregge le prove di candidati della sua scuola? Conflitto d'interessi! (Per superarlo, basterebbe usare uno scanner al posto della manodopera sottopagata, come si fa nei paesi civili).
A11. Perché nella sua lettera il protagonista chiama “Diana” la ragazza di cui è innamorato?
A. Perché non conosce il suo vero nome
B. Per poter comunicare con lei senza essere scoperto
C. Perché nella sua immaginazione gli appare come una dea
D. Per far finalmente colpo sulla ragazza e farsi notare da lei
Ma Vittorini non lo dice! Perché il lettore quattordicenne dovrebbe saperlo? Peraltro un quattordicenne spesso è al corrente di ciò che agli esperti Invalsi sfugge, ovvero che certe cose si fanno per più di un motivo: “Diana” è un senhal, serve al protagonista per eludere la sorveglianza degli adulti (B) e senz'altro far colpo sulla ragazza (D), però per l'Invalsi l'unico motivo buono è che “nella sua immaginazione gli appare come una Dea” (C); ebbene, da nessuna parte nel brano c'è un riferimento alla Dea (viene menzionata solo in nota a piè di pagina). Questa non è comprensione. Questa è un'interpretazione del testo che viene imposta come unica interpretazione consentita. C'è qualcosa che non va.
A12. Per il protagonista narratore, di che cosa è espressione il garofano rosso?
A. Del fatto che Giovanna vuole ricambiare la sua lettera
B. Dell’amore di Giovanna, che è per lui tutto il bene
C. Della passione di Giovanna per i fiori
D. Del fatto che è stata Giovanna a prendere l’iniziativa
Ma il narratore non lo dice! E benché a un lettore adulto la risposta B possa apparire abbastanza scontata, faccio presente che un quattordicenne sudato e un po' innervosito non ha a sua disposizione molti argomenti testuali o di cultura generale per escludere a priori la A o la D. Queste domande non sono né “facili” né “difficili”; secondo me sono semplicemente le domande sbagliate, che non certificano la comprensione del testo. Anche quando il lettore risponde correttamente, gli rimane addosso la fastidiosa sensazione che gli sia sfuggito qualcosa.
A14. Il protagonista è incerto se baciare o no la ragazza perché
A. ha paura che il suo sentimento non sia corrisposto
B. non crede che sia il momento adatto per farlo
C. teme di rovinare tutto con un gesto fuori luogo
D. non vuole metterla in imbarazzo davanti ai compagni
Signori Invalsi, non v'invidio. Evidentemente anche nei vostri momenti più intensi, ed emozionanti, non siete riusciti a formulare più di un pensiero alla volta. Non credo che la coscienza di Vittorini fosse angusta quanto la vostra; la paura che il suo sentimento non sia corrisposto (A) è evidente quando scrive “E tremai per il bene che mi voleva che un nulla sarebbe bastato, credevo, a cancellare via dal suo cuore”. Un nulla; figurati un bacio: non è evidentemente il momento adatto (B); però l'unica risposta che accettate è la C. Ma è davvero un test di comprensione questo? Cioè: chi risponde A e B sul serio non ha capito?
A16. Come si potrebbe definire il rapporto tra i due ragazzi?
A. Coinvolgente e delicato
B. Leggero e superficiale
C. Teso e movimentato
D. Incerto e burrascoso
Questa mi fa proprio arrabbiare. Non è comprensione, è giudizio, un'altra cosa; e non è bello imbeccare i giudizi dei lettori. Ovvero: sono abbastanza sicuro che la stragrande maggioranza avrà risposto “coinvolgente e delicato”, che per l'Invalsi è la risposta giusta, ma sul serio è l'unica? Un rapporto fatto di sguardi, di camminate a dieci passi di distanza, di lettere alle dee e garofani nelle buste, non è anche “leggero e superficiale”? Di nuovo: “Il bene che mi voleva che un nulla sarebbe bastato, credevo, a cancellare via dal suo cuore”: se non è leggero un sentimento del genere, cosa? Però la (A) fa molto più the letterario. E risvolto harmony, anche.
A17. Nel testo moltissimi particolari sottolineano che il racconto si svolge in una stagione calda, in un clima quasi rovente. L’autore vuol farci capire che
A. il protagonista vuole conquistare la ragazza prima delle vacanze estive
B. il caldo esterno corrisponde alle sensazioni ed emozioni del protagonista
C. la pigrizia degli studenti seduti al caffè è provocata dal caldo eccessivo
D. per il protagonista l’estate è il tempo dell’amore e della passione
Ma insomma che roba è questa? Non sarei sicuro della risposta io con un dottorato in lettere moderne, figurati un quattordicenne con l'ansia di concludere con la compagna di terza prima che vada lei al mare e lui in campeggio. Io davvero vorrei che uno degli estensori di questi test si palesasse e spiegasse perché, secondo lui, “il caldo esterno corrisponde alle sensazioni ed emozioni del protagonista” (B): quali sintagmi, quali espedienti stilistici gli consentirebbero di vedere nel protagonista un lupacchiotto in calore.
A18. Nel testo che hai letto l’autore utilizza una particolare tecnica narrativa, che viene definita dell’“io narrante”. Con questa espressione si intende che
A. il narratore sa già come va a finire la storia
B. l’autore parla poeticamente dei propri sentimenti
C. l’autore narra fatti realmente accaduti
D. la persona che narra è all’interno della storia
Questa non era difficile, ma ne approfitto per un appunto. È uno dei pochi quesiti che abbia a che fare con la narratologia. Di solito chi critica i test scolastici in quanto test è sempre convinto di avere contro l'armamentario dello strutturalismo e della narratologia, vecchi idoli critici di più di una generazione; e invece lo avete visto, su diciotto domande questa forse è la prima in cui si misurino queste competenze. La polemica contro la narratologia è annosa; è vero che negli ultimi 30 anni la didattica dell'italiano è stata colonizzata da questa disciplina. E tuttavia c'è un motivo se gli autori di manuali e gli insegnanti continuano a usarne (e abusarne): è relativamente facile, consente a chi l'apprende sui testi di metterla in pratica nella produzione di altri testi, e soprattutto ha una sua oggettività. Voglio dire che se chiedi a qualcuno se un brano del genere è in prima persona, lui può risponderti solo sì (giusto) o no (sbagliato). Invece se gli chiedi cosa significa il caldo per l'io narrante, ti butti a capofitto in una soggettività più impalpabile che profonda, dove alla fine tutte le risposte sono uguali, ma una è più uguale delle altre (quella dell'esperto Invalsi).
A19. Quale altro titolo si potrebbe dare al testo che hai letto?
A. Il dono di Giovanna
B. Un amore infelice
C. Un anno speciale
D. A scuola a sedici anni
Ecco, per esempio. Qual è il senso di una domanda del genere? Cosa dovrebbe studiare un ragazzino, per rispondere bene a una domanda del genere? Non la narratologia, ci mancherebbe, e allora cosa? Ho un'ipotesi: dovrebbe studiare attentamente il suo maestro, fino a capire come risponderebbe lui; perché l'unica risposta giusta è quella che darebbe lui (nel caso dell'Invalsi, “il dono di Giovanna”).
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