A.A.A. - D.S.A. - Dislessia, un limite da superare

A.A.A. - D.S.A. - Dislessia, un limite da superare

giovedì 12 giugno 2014

DEMONE BIANCO


 Di GIACOMO CUTRERA

"una storia di dislessia"
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INDICE
01- DISLESSIA 7
02- L’ESAME 18
03- LE MEDIE 24
04- LA CLASSE 27
05- DISTRATTO 33
06- STUDIO A CASA 39
07- OMBRA 45
08- I VERI BULLI 51
09- DEMONE BIANCO 56
10- IL TRUCCO 59
11- JACK 62
12- IL TEMA 68
13- L’IGNOTO 76
14- NOME 82
15- DUE SETTIMANE 88
16- DUE VERIFICHE 94
17- MOTORE 99
18- MOVIMENTO 102
19- SCATTO B/H1 111
20- STRUMENTI 115
21- GIUSTIZIA 120
22- PARADOSSI 125
23- IL CUORE 131
24- NUOVE ALI 141
25- PROMESSE 145
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SCELTE TIPOGRAFICHE
Come noterete questo libro è scritto in modo poco
convenzionale:
i caratteri sono più grandi della
norma, l’interlinea è più robusto
e non è stata utilizzata la forma
giustificata. Queste sono scelte
motivate da una forte volontà di
rendere questo testo il più
leggibile possibile.
[ Giacomo Cutrera (3 anni) ]
I caratteri più grandi mostrano come un libro non sia
un ostacolo insormontabile.
Leggendo il racconto potreste pensare che questa
scelta sia spinta da una volontà di rendere il testo più
leggibile per i dislessici, ma non è solo questo il punto.
Un formato più leggibile è un aiuto non solo per chi è
dislessico, ma per tutti.
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Questo libro è dedicato a
mio fratello e alla sua forza
È dedicato a Riccardo che solo ora ha
scoperto la sua dislessia
È dedicato a tutti i ragazzi del
Forum Libero, del Campus
e del Gruppo Giovani.
Per farla breve
È dedicato ai dislessici
Forza ragazzi !
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DISLESSIA
Molta gente nella sua vita ha sentito questa parola e
tanti altri hanno scritto saggi e libri su di essa; alcuni
la definiscono una malattia, altri un problema, altri
ancora credono che sia la conseguenza di qualcosa di
poco definito e oscuro, ma la realtà è che nessuno è
in grado di definirla.
Attualmente molti scienziati si stanno adoperando per
cercare le cause della dislessia, ma per ora, non vi
sono risultati certi.
Molti insegnanti, dopo aver letto le quattro righe
precedenti, esprimono una certa perplessità; “Come si
fa a chiamare una persona dislessico se nessuno sa
che cos’è la dislessia?” Questa, a mio parere, è una
domanda tutt’altro che stupida e apprezzo molto le
persone che se la pongono con sincerità.
Ciò che invece trovo riprovevole è liquidare la
domanda con la risposta più diffusa ovvero “non si
può ”.
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In passato, quando ancora non si conoscevano le
cause fisiche della cecità, nessuno, di fronte a una
persona non vedente, affermava che tutti sono in
grado di vedere; questo perché, pur essendovi una
carenza sul piano scientifico, le persone attorno a lui
erano comunque in grado di notare il suo problema.
Lo stesso concetto vale, oggi, per i Dislessici.
Per rendere più comprensibile ciò che intendo dire
quando parlo di problema vi porrò un caso che trovo
abbastanza esemplificativo:
Un insegnante correggendo un compito in classe di 2°
media nota che un ragazzo ha completato solo due
facciate su quattro e rimane sorpresa nel notare che
le facciate complete sono quasi del tutto giuste.
In quel momento l’insegnante comprende che l’alunno
è intelligente, ma non capisce perché il ragazzino non
completa le sue verifiche.
Secondo voi è possibile che una persona studi alla
perfezione solo gli argomenti che si presenteranno poi
sulle prime facciate della verifica?
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I casi sono due: o il ragazzino è un genio del male
che, pur conoscendo gli argomenti, preferisce lasciare
metà compito in bianco per far impazzire la
professoressa;oppure siamo di fronte a un caso molto
più complesso.
Se la professoressa avesse potuto vedere la camera
del ragazzino il giorno prima avrebbe scorto tutti i libri
della sua materia e lo stesso ragazzino piegato su
essi in attenta lettura ormai da sei ore.
La professoressa non può vedere il passato e quindi,
fa quello che le hanno insegnato di fare quando un
alunno svolge meno del 50% di verifica giusta,
ovvero dà un insufficienza.
Il ragazzo in questione non vuole essere bocciato
perché, effettivamente, non ha lacune; ha studiato
tutto quello che gli era stato richiesto di studiare e
credeva di sapere bene gli argomenti.
Neanche lui capisce perché non è riuscito a finire la
verifica e ritornerà sui libri sperando di poter
migliorare incrementando le ore di studio.
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A volte alle persone piace illudersi e lui si illude di
poter imparare le cose meglio di quanto non le abbia
imparate fin ora, ma lui non ha un problema di
contenuti, lui le cose le sa.
Il suo problema deriva dal fatto che l’insegnante non
può valutare il suo sapere con metà verifica in mano,
le serve l’intero compito.
Grazie al suo studio e a qualche miracolo intermedio,
che spiegherò poi, il ragazzo riesce a essere
promosso con la valutazione SUFFICIENTE che gli
consentirà di passare alle superiori.
Solo allora un’insegnante troverà la soluzione al
dilemma della verifica mezza bianca.
Consegnerà in due volte distinte due verifiche sullo
stesso argomento:
Una da completare in 50 minuti (1 ora scolastica)
e una da completare in 100 (2 ore scolastiche).
I voti ottenuti dal ragazzo saranno rispettivamente
5 e 10.
Tutti fanno meglio una verifica se hanno più tempo,
ma nessuno prende dieci in una verifica nella quale
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senza il doppio del tempo avrebbe preso cinque e
soprattutto perché un alunno che potrebbe
potenzialmente prendere dieci si ferma a metà
verifica?
Mi rendo conto che la situazione può sembrare
assurda e anche io la giudicherei in questo modo se
non l’avessi vissuta di persona.
Alle scuole medie inferiori i professori mi dicevano che
serviva un costante studio di tre ore al giorno e io
continuavo a non capire perché a me ne servissero
sei.
Solo dopo un’ accurata analisi introspettiva, sono
riuscito ad associare questo fatto alla grande difficoltà
che riscontravo quando leggevo ad alta voce.
Mi resi conto che la mia capacità di lettura era pari
alla metà di quella degli altri e questo avrebbe
spiegato anche perché non riuscivo a finire le
verifiche.
Quando esposi la mia teoria ai miei familiari ricevetti
come risposta una sonora risata e tornai a studiare.
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Il problema pratico era però che non ero
concretamente più in grado di studiare.
Di fronte al libro di storia (a causa, anche, della grave
stanchezza) mi ritrovai incapace di decifrare le parole
che avevo visto poco prima. Ormai non vi erano più
dubbi, la mia era ed è una difficoltà nella lettura, ma
non potevo certo raccontarlo in giro, nessuno mi
avrebbe creduto.
Dovevo trovare un modo per risolvere il problema
delle verifiche e dovevo trovarlo da solo.
Valutai la situazione:
- Non potevo completare la verifica a causa della
difficoltà nel leggere le consegne e ciò che scrivevo.
- Facevo fatica a correggere ciò che scrivevo poiché
non avevo abbastanza tempo per rileggere il tutto
- Non potevo copiare
(riuscivo a malapena a leggere la verifica)
- Non potevo fare i bigliettini (stesso motivo)
Nei temi risolsi il problema scrivendo direttamente in
bella copia, omettendo così la lettura della brutta (che
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mi risultava praticamente impossibile ) ,ma nelle
comuni verifiche permanevano i soliti problemi.
L’unica soluzione che trovai consisteva nell’ eseguire
la classica metà della verifica e “sparare a botto”
(eseguire in modo casuale senza leggere le
domande) il resto.
Benché questa idea mi sembrasse colossalmente
stupida, applicandola riscontrai nei miei voti un
interessante incremento che portò gli insegnanti a
pensare che stessi studiando di più.
Le parole “Lo vedi… ti basta studiare un po’ e le cose
le capisci” furono per me più devastanti di tutte le
insufficienze ingiuste che avevo accumulato in quei
tre anni di medie. In quel momento compresi che i
professori non erano “fisicamente” in grado di valutare
il mio studio e che mi avevano sempre considerato
uno “scansafatiche”.
Se chi doveva valutare le mie verifiche non era in
grado di valutare significava che il mio studio era
sempre stato inutile come i consigli che loro mi
davano.
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L’ira prese il sopravvento su di me e dopo tanti anni
passati a testa bassa, subendo queste ingiustizie,
decisi di alzare lo sguardo e reagire.
Il mio rancore esplose in casa e in alcuni casi si
riversò anche a scuola.
Espressi apertamente quanto provavo in un tema, che
gli insegnanti apprezzarono pur non comprendendolo,
e infine mi trasformai in un essere freddo e
insensibile.
Pochi mesi dopo mi venne diagnosticata una dislessia
evolutiva che si manifestava in un disturbo nella
lettura.
Questa notizia non mi sorprese, ma convinse i miei
genitori che avevo ragione.
Si scoprì che la mia velocità di lettura era pari alla
metà della velocità di norma e, inoltre, il processo
della lettura stessa richiedeva uno sforzo energetico
notevolmente più alto di quello “normale”.
Approfondendo l’argomento scoprii che altre tipologie
di dislessici presentavano caratteristiche particolari.
Alcuni dislessici, oltre alla difficoltà nella lettura,
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presentano anche difficoltà nella scrittura(Disgrafia),
nell’ortografia (Disortografia) e nei calcoli (Discalculia)
Su questo punto ho notato una diffusa
perplessità:molti credono che una persona per essere
definita dislessica debba avere problemi nella lettura,
scrittura,ortografia, calcoli e linguaggio. In realtà basta
che una persona riscontri anche solo uno di questi
problemi per rientrare nei “disturbi specifici
dell’apprendimento” D.S.A.
(A volte i dislessici presentano da piccoli un disturbo
del linguaggio, questo non è il mio caso.)
Tornando alla mia storia :Poco dopo aver scoperto la
mia dislessia mi sono recato all’A.I.D.(Associazione
Italiana Dislessia ) e attraverso essa ho cercato
informazioni più dettagliate sul mio caso.
Sorprendentemente ho scoperto che il mio caso non
era affatto uno dei peggiori, basti considerare che
esistono dislessici con velocità di lettura pari a un
quinto di quella normale. Come potrete immaginare
una simile velocità di lettura impedisce, non solo lo
svolgimento delle verifiche, ma anche e soprattutto il
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vero e proprio studio a casa (calcolando che io stavo
ancora lottando per la sufficienza, la cosa destò in me
una seria preoccupazione).Nella associazione non vi
erano personaggi dislessici, ma solo genitori,
insegnanti e specialisti che hanno a che fare con il
problema. I genitori parlavano tra loro e descrivevano
la situazione dei loro figli e io ascoltando
comprendevo che la storia di questi bambini era in
tutto e per tutto identica alla mia. Loro avrebbero
potuto sforzarsi fino allo spasmo di imparare, ma
nessuno sarebbe mai stato in grado di valutarli
correttamente; i discalculici avrebbero sudato sangue
sulle tabelline per scoprire poco dopo la calcolatrice, i
disgrafici avrebbero eseguito milioni di lettere per
scoprire poco dopo la tastiera, i disortografici si
sarebbero sentiti ripetere miliardi di volte le regole
grammaticali prima di scoprire il correttore ortografico,
quelli come me avrebbero perso la propria vita sopra
un libro senza riuscire a comprenderlo e senza capire
che si può chiedere a qualcun altro (o qualcos’altro
nel caso del sintetizzatore) di leggertelo, ma

Dislessia - La storia di Luca e Giacomo

Dislessia - La storia di Luca e Giacomo a Cristina Parodi 


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