A.A.A. - D.S.A. - Dislessia, un limite da superare

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mercoledì 8 ottobre 2014

Apple iPAD: nuova tecnologia e nuovi applicativi

La recensione di Luigi, InfoAID Melegnano, su questo nuovo strumento che potrebbe piacere ai nostri ragazzi

Con l'avvento dell'iPAD di Apple si è definitivamente aperta una nuova era nel mondo della tecnologia che porterà in brevissimo tempo ad una diffusione sempre più ampia dei "tablet" (tavolette).

Molte sono le caratteristiche che rendono interessante questo tipo di strumento rispetto ad un classico portatile: la semplicità d'uso attraverso la tecnologia touchscreen, la velocità, la manegevolezza, il poco ingombro, il peso ridotto e non ultimo la durata dell'autonomia delle batterie. Ma non basta, per l'iPAD c'è una grandissima disponibilità di applicativi di ogni tipo, il cui costo medio è estremamente ridotto rispetto al mondo PC Windows in linea con una politica Apple già in corso da anni con l'iPhone.

L'ultimo ritrovato tecnologico come l'iPAD Apple, può risultare adatto anche alle esigenze dei DSA?

Molti sono gli applicativi che risultano interessanti, troviamo dalla sintesi vocale, alla gestione delle mappe concettuali; dal voice recorder alla videoscrittura con correzione ortografica; dal dizionario di italiano al traduttore multilingua per finire con una perfetta calcolatrice scientifica per non parlare degli eBook (libro elettronico) letto con sintesi vocale di serie!

Segue un'elenco di applicativi già disponibili:

Knowtilus Pro a pagamento

Browser per la navigazione su internet con sintesi vocale multilingua. L’applicativo comprende un traduttore del testo multilingua e una ricca dotazione di funzionalità.

ATTENZIONE: richiede connessione internet

Videoscrittura e foglio di calcolo

Office2 HD a pagamento

Comprende un programma di video scrittura con correttore ortografico e un foglio di calcolo. E' compatibile con i formati .doc e . xls

Libri e sintesi vocale di serie

iBooks gratuito

Il libro elettronico è la funzionalità più nota fornita di serie nell'iPAD e costituisce una delle innovazioni più salienti dei "tablet" nel mondo dell'editoria. L' iPAD comprende di serie la funzionalità di sintesi vocale capace di leggere sia i libri che file PDF.

Sintesi vocale

Speak it! a pagamento

Programma di sintesi vocale multilingua. Permette di leggere qualsiasi testo attraverso il comando di copia incolla anche da documenti PDF. Comprende la funzionalità di creazione di file audio del testo letto inviabile via email.

SpeakPad gratuito più voce a pagamento

Programma di sintesi vocale multilingua. Permette di leggere qualsiasi testo attraverso il comando di copia incolla. L'applicativo consente inoltre la navigazione su internet attraverso un browser interno da cui è direttamente fruibile la sintesi vocale senza utilizzare programmi aggiuntivi.

Mappe concettuali

iDesk a pagamento

Applicativo di gestione delle mappe concettuali e mentali.

Accesso file PDF

iAnnotate PDF a pagamento

Programma di accesso a file PDF con funzionalità di note, evidenza testo, copia testo per lettura da altro programma di sintesi vocale, download file PDF da internet.

Calcolatrice

Calc for iPad A pagamento

Calcolatrice classica e scietifica.

Orologio digitale

Alarm Clock gratuito

Registratore (voice recorder)

Recorder HD a pagamento

Voice recorder con possibilità di invio via email della registrazione ed esportazione del file audio.

Vocabolario di italiano

Il Treccani a pagamento

Dizionario della lingua italiana, comprende anche il dizionario dei sinonimi e contrari.

Dizionario italiano-inglese

Ultralingua a pagamento

Dizionario italiano-francese

Ultralingua a pagamento

Traduttore multilingua

iTranslate gratuito

Traduce testi in 50 lingue di cui 11 con la funzionalità di sintesi vocale tra cui il cinese.

ATTENZIONE: richiede connessione internet.

Dettatura testi
Dictation gratuito

Realizzato dalla di Nuance Communications , nota per il famoso applicativo Dragon Naturally Speaking, questo applicativo gratuito permette di dettare il testo all'iPAD che provvederà a trascrivere automaticamente la voce del lettore, punteggiatura compresa. Supporta oltre all'italiano: inglese, tedesco, francese, spagnolo, americano.

ATTENZIONE: richiede connessione internet.

Ricerca con comandi vocali

Dragon Search gratuito

Ricerca vocale verso il motore di ricerca Google, Wikipedia, YouTube, ..

ATTENZIONE: richiede connessione internet.

Navigazione internet

Google gratuito

Motore di ricerca Google con ricerca vocale.

ATTENZIONE: richiede connessione internet.

OCR

OCRKit a pagamento

Applicativo OCR multilingua, converte ed estrae il testo da file di immagine.

DIPENDENZA DA VIDEOGIOCHI


Il fenomeno dei videogiochi oggi ha raggiunto dimensioni notevoli a livello planetario. 
Il Centro Studi Minori e Media ha recentemente illustrato i risultati dell'indagine "Minori in videogioco" , alla quale hanno partecipato ben 2037 studenti di 39 scuole italiane (scuole medie e scuole superiori) di 18 città del nord, del centro e del sud, in rappresentanza di 8 regioni. Dallo studio è emerso che il 58,5% degli studenti gioca con i videogames una volta al giorno, il 20,5% due volte al giorno. Il tempo medio di gioco è inferiore a un'ora per il 57% degli studenti, mentre uno studente su quattro gioca da una a tre ore. I generi preferiti sono l'avventura (29%) e lo sport (21,5%), anche se gli studenti che giocano per più di tre ore al giorno prediligono i giochi di combattimento. Quasi la metà dei ragazzi gioca da solo. Gli eventuali compagni di gioco sono preferenzialmente gli amici (37%), i fratelli o le sorelle (17,5%) o il papà (15%). E' interessante notare che il 40,5% dei giocatori si identifica qualche volta nelle storie dei loro videogochi, anche se il 43,5% dei ragazzi si dice non condizionato nell'umore dall'esito del gioco. Infine tre minori su quattro ritengono che possono scattare problemi di dipendenza da videogioco solo per chi gioca più di sei ore al giorno. 

Ma il videogioco, allora, è buono o cattivo? Dipende dall'uso che se ne fa. E' probabilmente sbagliato criminalizzare il videogioco, ma l'abuso può essere pericoloso. In quanto evoluzione tecnologica delle diverse forme di gioco, il videogame è potenzialmente "portatore" di numerosi effetti positivi: rappresenta uno stimolo per le abilità manuali e di percezione, stimola la comprensione dei compiti da svolgere, abitua a gestire gli obiettivi, favorisce l'allenamento alla gestione delle emozioni e lo sviluppo dell'abilità di prendere rapidamente delle decisioni. 
Il rovescio della medaglia è costituito dai rischi relativi all'uso protratto nel tempo dei videogiochi, ossia la videomania (o videoabuso) e la videofissazione, cioè la prolungata esposizione ad un videogame, senza pause e completamente assorbiti dal gioco. Spesso l'abuso di videogiochi è seguito da altre condotte disturbate, come la sedentarietà (con conseguente rischio di sviluppo di sovrappeso corporeo), il togliere spazio alle attività connesse all'apprendimento scolastico (spesso praticate frettolosamente e con scarsa concentrazione), nonché la sostituzione del videogioco ad ogni altra forma di relazione sociale (favorendo uno stato di isolamento ed una tendenza all'introversione).

La dipendenza da videogiochi è ormai considerata una vera patologia alla quale applicare una cura simile a quella per la tossicodipendenza e l'alcolismo. Appunto per questo motivo che anche in Europa ad Amsterdam per la precisione,dopo Stati Uniti, Cina e Corea del Sud, anche in Europa, nel mese di luglio aprirà il primo centro di disintossicazione dai videogiochi 

L'ANSA del 17 giungo 2006 ha anticipato l'apertura della clinica gestita dalla "Smith & Jones Addition Consultants", centro olandese che si occupa dal 1991 di cura dalle dipendenze. Le cliniche avvieranno terapie di disintossicazione della durata di 2 mesi per i soggetti affetti da forti dipendenze dai videogiochi. 

I sintomi più frequenti sono agitazione, tremore e ansia. In alcuni casi i soggetti affetti dalla dipendenza della “droga games” non riescono a staccarsi dallo schermo, rinunciando persino ai pasti o assumendo ulteriori droghe per aumentare le proprie prestazioni virtuali. 

I pazienti della clinica, paragonati quasi ai concorrenti di un reality show, dovranno “sopravvivere” per otto settimane nei boschi fra Olanda e Germania, lontani dalla tecnologia, dai joypad e dai videogiochi e, soprattutto, dalla realtà virtuale nella quale sono ormai immersi. La clinica Smith & Jones sarà la prima ad ospitare i propri pazienti nella speranza che il paesaggio naturale li aiuti a ricreare la “realtà” e a restaurare un rapporto equilibrato con i videogiochi e il mondo reale. « scopo non è far abbandonare il computer o la consolle ai “drogati aiutarli a riavvicinarsi ad essi dopo averli disinitossicati ». Nel complesso la terapia è suddivisa in multisessioni tra le quali: escursioni all'aperto, attività fisica e, nei casi più gravi, cure a base di psicofarmaci. 

In Europa gli studi sul fenomeno sono ancora agli inizi e per questo alcuni ricercatori restano scettici riguardo una corretta definizione della dipendenza da videogioco e i relativi effetti. Alcuni ritengono che i sintomi come ansia, attacchi di panico, disturbi del sonno, non possono essere esclusivamente imputati all'utilizzo eccessivo di videogiochi, e non sono curabili così semplicemente. 

Richard Wood, docente all'International Gaming Research Unit dell'Università di Nottingham, sostiene che « il gioco compulsivo è sintomo di altri problemi e non può essere visto come un problema in se stesso ». A differenza di Keith Bakker, direttore della struttura della "Smith & Jones Addition Consultants” che afferma invece alla BBC: « I videogiochi sembrano innocenti, ma in realtà possono dare dipendenza al pari del gioco d'azzardo e delle droghe » aggiungendo che « soggetti colpiti hanno un'età compresa tra i 13 e i 30 anni e passano circa 16 ore al giorno davanti allo schermo ». 

Il profilo-tipo del dipendente da videogiochi è indicato da Keith Bakker come un adolescente maschio che vuole fuggire dalla realtà; il più delle volte è uno studente o un lavoratore. Il fatto che siano principalmente uomini vuol forse sottolineare la tendenza al bisogno e all'ambizione maschile al comando. 

Secondo Bakker la situazione è molto più grave di quello che si possa pensare. I videogiochi che vengono progettati e venduti sono strutturati per far proseguire ad oltranza il giocatore, senza sosta, conducendo indirettamente il soggetto ad alterare l'immaginario e la realtà, raggiungendo nei casi più gravi la perdita del reale, ormai sostituito dal virtuale. Inoltre secondo il direttore della “Smith & Jones”, questo può aumentare l'aggressività nei ragazzi che trascorrono troppo tempo giocando con videogames basati sull'uccisione di persone. 

Alcune delle cause della dipendenza dai videogiochi sono: 
- pensieri ossessivi nei confronti di se stessi o di altri soggetti; 
- problemi di salute; 
- seri problemi relazionali; 
- problemi di inserimento scolastico o lavorativo… 

Il soggetto che non riesce a risolvere tali problemi tende, il più delle volte, ad identificarsi con i personaggi virtuali trasferendo in loro emozioni reali, sfoghi, ribellioni, e relazioni interpersonali. 
Per confermare tale situazione le cronache orientali hanno riportato diversi casi di videogiocatori deceduti dopo lunghe sessioni di gioco, in genere a causa di problemi circolatori o di scarso nutrimento. Questo è accaduto soprattutto nei paesi dove è molto alta la percentuale di giocatori di giochi di ruolo online (circa tredici milioni di individui in tutto il mondo!). 

A questo punto, visto quali possono essere le cause e gli effetti della “droga games” dovremmo proprio cercare di passare più tempo nel mondo reale, affrontando quelli che possono sembrare problemi difficili e giocare alla nostra avventura grafica preferita, all'action game o al gioco di ruolo che ci appassiona senza eccedere. Del resto nella vita reale non ci occorre un freccetta per muoverci, perché allora dovremmo complicarci la vita? E' molto più semplice muovere le gambe!

Quindi il mondo dei videogame non consente rigide scelte di campo tra favorevoli e contrari; è necessario semmai un uso consapevole del mezzo e, come sempre in questi casi, una forma di vigilanza soprattutto da parte dei genitori sui propri figli in minore età



Psicologo, Psicoterapeuta

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it



Dipendenza da Videogiochi

a cura del Dr Gaspare Costa

L’aspetto ludico e la funzione del gioco sono ingredienti fondamentali per un sano sviluppo dell’individuo; è attraverso il gioco che il bambino inizia ad apprendere quelle regole e ruoli che rappresentano un elemento indispensabile nel processo di identificazione e socializzazione del fanciullo. A fronte dell’aspetto salutare dell’attività ludica va però segnalato che, oggigiorno, il gioco ha assunto caratteristiche ben diverse rispetto a quelle che per secoli ne hanno garantito il ruolo di “fucina della socializzazione”, 
in particolare alcune caratteristiche dei moderni giochi (videogiochi) sembrano favorire, se utilizzati in eccesso, lo sviluppo di forme di disagio che, soprattutto in personalità predisposte, possono evolvere in vere e proprie problematiche psicopatologiche. Innanzitutto analizzando alcune differenze fondamentali tra i giochi tradizionali e i moderni giochi “virtuali” si possono individuare alcune importanti differenze:

i giochi tradizionali incentivano la socializzazione mentre i videogiochi perlopiù vengono “consumati” in solitudine;

i giochi tradizionali stimolano l’identificazione con persone reali anche se interpretano ruoli diversi mentre nei videogiochi si corre il rischio di identificarsi con personaggi virtuali, spesso dotati di poteri magici, che nei casi più gravi possono portare all’emulazione di azioni pericolose (purtroppo la cronaca ogni tanto ci informa di bambini che credendo di avere gli stessi poteri dei loro eroi preferiti fanno gesti pericolosi mettendo a rischi la propria salute e quella degli altri);

i giochi tradizionali rappresentavano un legame tra le generazioni e comunemente venivano tramandate da genitore a figlio, mentre i giochi virtuali spesso hanno l’effetto di “separare” (pensate al nonno con il proprio nipotino, difficilmente i due avranno lo stesso “bagaglio” tecnico, linguistico, e di abilità riferita al videogioco);

ore e ore passate, magari in solitudine, davanti ai videogames possono allentare le capacità critiche e l’aderenza alla realtà del bambino o dell’adolescente;

nei giochi tradizionali difficilmente si arrivava a concepire azioni violente o apertamente aggressive mentre nei videogiochi questo tipo di azioni sono ampiamente diffuse e apprezzate dai più giovani.

Queste fondamentali differenze tra i giochi tradizionali e i videogames possono rendere l’idea delle problematiche psicologiche e fisiche a cui la dipendenza da giochi virtuali può portare. Si parla di Dipendenza o Addiction quando la persona instaura un rapporto di “subordinazione” con una sostanza, attività o comportamento che si rendono necessari ai fini del “benessere” del dipendente.

LaDipendenza da Videogiochicome ogni altra dipendenza, vincola il soggetto a dedicare ingenti quantità di tempo ed energie ai videogames compromettendo l’ambito scolastico, relazionale e fisico. La dipendenza da videogiochi comportai fenomeni di tolleranza ed astinenza,ovvero il soggetto e costretto ad aumentare progressivamente le “dosi” di tempo passato a giocare per ottenere il livello di eccitazione desiderato mentre l’astinenza comporta una serie di sintomi psico-fisici ( irrequietezza, agitazione, difficoltà di concentrazione, disturbi del sonno e dell’umore, pensieri ossessivi riferiti ai videogiochi ecc..) che si manifestano quando il soggetto è impossibilitato a giocare. Le principali conseguenze dovute alla dipendenza da videogiochi possono riguardare:

difficoltà scolastiche (scarsa attenzione, concentrazione, difficoltà di apprendimento ecc..)

compromissione dei rapporti sociali (isolamento, litigi per accaparrarsi i videogames, rapporti incentrati,specie in riferimento ai giochi di ruolo, sulla comunicazione virtuale);

compromissione della salute, ad esempio il sovrappeso dovute alla vita sedentaria;

disturbi del sonno, dell’alimentazione o dell’umore;

problematiche psichiche di carattere dissociativo, riduzione della facoltà di critica o scollamento dalla realtà (ovvero le tante ore passate a giocare possono creare una frattura tra il mondo reale e quello virtuale, allo stesso modo, specie in adolescenza, si può compromettere il sano sviluppo dell’identità);

problematiche astinenziali quando il soggetto non può giocare (ricorrenti pensieri riferiti al gioco, irrequietezza, disforia ecc..);

tendenza a compiere azioni “illegali” ( per es. bullismo) o a mentire per procurarsi i soldi per i videogiochi;

tendenza a trascurare altri interessi (sport, amicizie, hobby ecc..).

Per concludere, consci dei limiti della generalizzazione, possiamo ipotizzare gli “effetti” che laDipendenza da Videogiochi può avere sulle personalità più deboli – specie laddove il processo di costruzione dell’identità, come nell’adolescente, ( Vedi Area Adolescenza nel presente sito) è ancora in atto- fornendo loro una sorta di “fuga” da una realtà insoddisfacente, noiosa ed anonima, all’interno di un ambiente virtuale nel quale essi trovano rifugio.

Anche rispetto alla “realtà multimediale”, infatti, occorre un’adeguata educazione degli adolescenti, sia verso il gioco, sia mirata alla differenziazione tra questa è la realtà quotidiana. Si parlava prima di “fuga” della realtà: è evidente, così come sottolinea C. Guerreschi[1], che la realtà virtuale può offrire stimoli maggiori alle personalità più deboli, consente una facile identificazione con gli eroi virtuali dei videogames e permette di estraniarsi dalla noia, sentimento principe per molti adolescenti. Insegnare a distinguere tra queste due realtà (compito che a mio avviso le Istituzioni e le principali agenzie formativa ed educative, tra tutte la Scuola, non possono trascurare) significa dotare l’adolescente degli strumenti necessari per sviluppare innanzitutto un senso di responsabilità è, soprattutto, ad evitare che egli si senta un estraneo nella propria quotidianità, misurando valori, emozioni e gratificazioni in relazione a questa sua attività ludica multimediale.

Dr Gaspare Costa

In occasione della Giornata mondiale della Salute Mentale

Siamo tutti matti? Danni, abusi e violenza in nome dell’aiuto, con la complicità di un business multimiliardario

Milano, 06/10/2014 (informazione.it - comunicati stampa - varie) Nella società moderna gli abusi perpetrati in nome dell’aiuto alla sofferenza emotiva sono molto frequenti ma, essendo celati dietro un’aura di scientificità che ne offusca la brutalità, passano perlopiù inosservati; e non ci si rende nemmeno più conto di quanto pervasivamente la psichiatria si sia impossessata delle nostre vite.

Sin dalla più tenera età veniamo etichettati e diagnosticati con presunte malattie la cui esistenza non è mai stata dimostrata, come la cosiddetta sindrome da deficit d’attenzione e iperattività (ADHD) o i Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA, dislessia, disgrafia, discalculia ecc).

I test vengono somministrati nelle scuole con programmi di screening preceduti da campagne mediatiche terroristiche e (dis)informative, con lo scopo di allarmare i genitori circa questi nuovi disturbi - quasi si trattasse di malattie mortali.

Nel caso di diagnosi di ADHD scatta spesso la prescrizione di stimolanti anfetaminici che, secondo recenti studi, non curano niente e creano un serie impressionante di effetti collaterali.

I DSA invece non si curano con psicofarmaci, ma indirizzano il bambino su un percorso di visite neuropsichiatriche nel corso delle quali può beccarsi una diagnosi di disturbo mentale (“in comorbilità” col disturbo dell’apprendimento): dritto dal farmacista.

Seguendo una moda lanciata negli Stati Uniti, anche in Italia cresce il numero di bambini etichettati “bipolari" e trattati con neurolettici. Sono i farmaci più potenti dell’arsenale psichiatrico, noti anche come antipsicotici o camicie di forza chimiche, e caratterizzati da effetti collaterali spaventosi e, nel caso di trattamenti prolungati, anche irreversibili.

Superata la scuola elementare entriamo nell’adolescenza. Ma attenzione: gli sbalzi di umore caratteristici di questa età turbolenta, marcata da tempeste ormonali, sofferenze amorose e preoccupazioni scolastiche, oggi ci possono valere la prescrizione di ansiolitici o antidepressivi o - udite udite - elettroshock.

E non è finita: la diagnosi psichiatrica può anche trasformarsi in strumento atto a giustificare la sottrazione dei vostri figli alla famiglia, e il loro affidamento ai servizi sociali.

Al termine del periodo scolastico la persona entra nel mondo del lavoro, e l’interferenza psichiatrica nella sua vita prende nuove forme, con l’obbligo da parte del medico del lavoro di certificare il rischio di danni da stress lavoro-correlato. Se siamo arrivati indenni a questo punto e, fiduciosi, decidiamo di sposarci e avere figli, ecco rispuntare lo strizzacervelli: precedute da una campagna mediatica impressionante, fioccano ormai le diagnosi di depressione post partum (con relative prescrizioni psicofarmacologiche).

Nessuno lo dice, ma tra gli effetti collaterali di certi farmaci antidepressivi ci sono proprio quelle ideazioni e azioni suicide/omicide che il farmaco stesso si proporrebbe di curare.

Se poi da adulti ci capita d’imbatterci nel sistema giudiziario, scopriamo che in certi casi i giudici hanno praticamente abdicato il loro potere, cedendolo nelle mani di sedicenti esperti psichiatrici, i quali dispensano a caro prezzo preziose perizie d’incapacità d’intendere e volere. Ormai i reati sono riclassificati malattie mentali: non ci sono più assassini, ladri o incendiari, ma maniaci, cleptomani e piromani.

Attenti infine a non perdere il controllo o litigare col vicino sbagliato. Vi ritrovereste a rischio di TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio), istituto con cui la psichiatria mostra il suo volto più oscuro e violento e si rivela per quello che effettivamente è: un violento strumento di controllo sociale.

Lo psichiatra ha il diritto di prelevare con la forza chicchessia, legarlo come un salame e rinchiuderlo in gattabuia senza processo né avvocati per un certo periodo di tempo, teoricamente limitato ma prolungabile.

E, se vi capita, non ribellatevi all’ingiustizia: la ribellione verrebbe usata come prova d‘infermità mentale (rifiuta le cure!), per rincarare la dose. Tutto ciò viene giustificato con un assunto: il “malato mentale” è pericoloso per sé e per gli altri, ed è inconsapevole della propria malattia: come tale, deve essere sottoposto a qualunque genere di trattamento coercitivo.

La psichiatria moderna si fonda quasi esclusivamente sul modello chimico, secondo il quale le cosiddette malattie mentali sarebbero dovute a squilibri chimici nel cervello. Anche se la teoria non è mai stata dimostrata e, anzi, oggi viene esplicitamente riconosciuta come erronea dalla maggior parte degli accademici, psichiatri e Big Pharma continuano ad usarla per giustificare la prescrizione e il marketing psicofarmacologico.

L’aspetto peggiore di questa dottrina è lo svuotamento del concetto di essere umano, privato del suo libero arbitrio e ridotto alla mercé delle reazioni chimiche che avvengono nel suo cervello.

Intendiamoci: alcune persone sono soggette a sofferenza emotiva, hanno seri problemi a rapportarsi con gli altri e necessitano di aiuto. Ma la professione di chi fornisce questo aiuto dovrebbe essere inquadrata nell'alveo delle conoscenze umanistiche – non scientifiche.

E, soprattutto, i loro rimedi non dovrebbero mai essere somministrati in maniera coatta, ma solo su base volontaria. Esistono persone - psicoanalisti, maestri yoga o di meditazione, preti, comportamentalisti ecc. - che aiutano la gente nei momenti difficili, senza però atteggiarsi a medici o violare con la forza i diritti fondamentali della persona.

Nella Giornata Mondiale della Salute Mentale, cittadini, associazioni per la tutela dei diritti umani e istituzioni dovrebbero attivarsi per assicurare a queste persone un’assistenza non invasiva, non violenta e non coercitiva, priva cioè di quei trattamenti che hanno contraddistinto l’intera storia della psichiatria.

Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani onlus

Email info@ccdu.org w.
ccdu.org

Lo Screening per i DSA



Di Rossana Gabrieli (Rivista BES e DSA in classe) – La Legge 170/10 così recita all’articolo 3 comma 3, relativo alla diagnosi del disturbo d’apprendimento “È compito delle scuole di ogni ordine e grado, comprese le scuole dell’infanzia, attivare, previa apposita comunicazione alle famiglie interessate, interventi tempestivi, idonei ad individuare i casi sospetti di DSA degli studenti, sulla base dei protocolli regionali di cui all’articolo 7, comma 1. L’esito di tali attività non costituisce, comunque, una diagnosi di DSA”.

L’accento viene posto chiaramente, in questo passaggio della legge, sulla necessità di un riconoscimento il più precoce possibile della eventuale presenza del disturbo d’apprendimento. Il punto di riferimento é sicuramente la buona prassi costituita dalla realizzazione di screening, volti a rilevare eventuali criticità. Intanto, chiariamo che con il termine screening “si intende una metodologia di rilevazione che è in grado di predire un disturbo sulla base della presenza di un segno critico selezionato in precedenza (test predittivo)…”.

Alcune scuole sul territorio nazionale attuano progetti di screening, anche ricorrendo ad interventi di esperti del settore. Ciò che si cerca di verificare é la presenza di problematiche nelle attività di lettura, scrittura, comprensione. Meno diffusa risulta essere la pratica di rilevare le difficoltà emergenti in ambito logico-matematico.

In presenza di esperti a cui affidare gli screening, il riconoscimento di un eventuale disturbo di apprendimento viene affidata, di norma, a prove standardizzate, come le prove MT di lettura, scrittura e comprensione, come anche di calcolo (le prove AC/MT).

Uno dei punti critici per l’attuazione di tali screening, tuttavia, é proprio quello relativo a chi debba somministrare le suddette prove: tecnici oppure insegnanti? La risposta sembra essere quella intrapresa, qualche anno fa, tramite il Progetto «A scuola di dislessia» per la formazione specifica di insegnanti referenti DSA di ogni scuola.

Il progetto, nato dalla collaborazione fra l’AID, la Fondazione Telecom Italia e il MIUR, a seguito di un protocollo di intesa triennale sottoscritto nel luglio del 2009, puntava a creare una rete di docenti competenti in materia ed aggiornati, attraverso una Piattaforma E-Learning, nell’ambiente di apprendimento “Puntoedu”, nel quale era stato predisposto l’ambiente di formazione “Screening e dislessia”, con proposte di attività di sperimentazione per un’identificazione precoce dei DSA da parte dei referenti delle scuole di ogni ordine e grado di tutte le regioni italiane.

Le conseguenze sono state positive nell’immediato, avendo creato un’apposita figura in ogni istituto scolastico in grado di guidare una specifica attività di individuazione precoce di un possibile disturbo. Purtroppo, il Progetto si é interrotto dopo il triennio stabilito, mentre sarebbe stato auspicabile proseguire.

È bene, ad ogni modo, chiarire al riguardo quanto già sottolineato dall’articolo 3, comma 3: le attività di individuazione del problema NON costituiscono diagnosi, la quale spetta solamente agli specialisti. Questo dovrebbe portare gli insegnanti ad essere particolarmente accorti nel momento della comunicazione con le famiglie, in merito all’emergere di problematiche di letto-scrittura.

Sarebbe del tutto scorretto, infatti, parlare, in base agli esiti di prove di lettura e/o scrittura di “presenza di dislessia o disgrafia o disortografia”, poiché tali termini sono, lo ribadiamo, di stretta competenza degli esperti del settore.

Al contrario, ciò che il docente, che sia esso il coordinatore o il referente dipenderà dalle scelte della scuola, dovrebbe riferire ai genitori é semplicemente la presenza di criticità relative alle abilità scolastiche indagate, consigliando un invio alle strutture competenti. Avendo fatto questo, la scuola avrà risposto pienamente alle indicazioni di legge.


Servizio di consulenza gratuito su BES e DSA su argomenti di carattere didattico e normativo. Risponderà Rossana Gabrieli. Invia il tuo quesito a redazione@orizzontescuola.it

martedì 7 ottobre 2014

BES. Nuove indicazioni ministeriali, di Flavio Fogarolo e Claudia Mun…

L'importanza degli strumenti compensativi nella dislessia


02/10/2014
Software compensativi
Software compensativi


"Gli studenti con diagnosi di DSA hanno diritto a fruire di appositi provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilità didattica nel corso dei cicli di istruzione e formazione e negli studi universitari." Art. 5 della legge n.170/2010.

Il rapporto tra dislessia, e più in generale tra disturbi specifici dell'apprendimento (DSA), e strumenti compensativi è diventato un binomio inscindibile. Gli strumenti compensativi, infatti, costituiscono degli strumenti che permettono ad un soggetto di compensare le funzioni compromesse e lo mettono dunque in condizioni di operare più agevolmente e di eseguire al meglio un compito o un'operazione. Gli strumenti compensativi si distinguono in a) specifici: cioè strumenti che supportano in modo diretto e specifico l'abilità deficitaria come ad esempio la calcolatrice; b) non specifici: ovvero strumenti che supportano abilità trasversali quali memoria e attenzione; ne sono un esempio la tavola dei verbi, quella della successione dei giorni e dei mesi.



Gli strumenti compensativi rappresentano degli ausili fondamentali e necessari per coloro che presentano un DSA e questo è sostenuto grandemente dalla ricerca scientifica. È ampiamente dimostrato infatti che la riabilitazione specialistica è sicuramente molto utile nelle fasi iniziali ma che non può durare in eterno; quest'ultima affermazione è facilmente comprensibile alla luce delle evidenze scientifiche che ci mostrano come a partire da una certa età, la risposta del sistema neurobiologico è meno sensibile e reagisce bene alla riabilitazione solo fino ad un certo periodo oltre il quale si rende necessario ricorrere a strumenti alternativi, quali gli strumenti compensativi. In tal caso l'obiettivo non deve essere più quello di non far commettere al bambino gli errori ma di sostenere i suoi processi di letto-scrittura con adeguati strumenti compensativi. Tali strumenti sono inoltre importanti anche per evitare che il bambino possa sviluppare come reazione e conseguenza ai suoi "fallimenti" scolastici problemi emotivi, frustrazione ed inibizione.



È chiaro infatti che laddove la funzione è deficitaria, il bambino possa, nonostante la riabilitazione, perseverare nei soliti errori e possa dunque presentare problemi emotivi o motivazionali che sono, per lo più, l'effetto della difficoltà di apprendimento. Molto frequentemente infatti, un bambino con DSA può presentare anche problemi di motivazione scolastica, bassa autostima e scarsa autoefficacia. Gli strumenti compensativi costituiscono invece quei mezzi attraverso i quali i bambini possono eseguire in modo adeguato un determinato compito e possono dunque rispondere in modo appropriato alle richieste della scuola. Va sottolineato però che non esiste un software che vada bene per tutti e per tutte le età in quanto le esigenze e le richieste da parte della scuola variano a seconda dei diversi cicli scolastici. Tuttavia la proposta di software compensativi all'avanguardia sta diventando, da parte delle case editrici specializzate, sempre più varia e composita.



In definitiva è importante sottolineare che gli strumenti compensativi non rappresentano un fallimento ma costituiscono un importante sostegno alla riabilitazione e sono necessari per permettere al bambino di svolgere con serenità e in autonomia i suoi compiti scolastici e tantissime altre attività!
(Fonte foto: Rete internet)



IN-FORMAMENTIS







Autore: Ester Miranda

“Bisogni Educativi Speciali”: usare con moderazione

Nel sito web della Direzione Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia-Romagna è data la descrizione e la definizione dell’acronimo BES  utile sia alle istituzioni scolastiche sia alle famiglie

“L’espressione “Bisogni Educativi Speciali” (BES) è entrata nel vasto uso in Italia dopo l’emanazione della Direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012 “Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica“.
La Direttiva stessa ne precisa succintamente il significato: “L’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit. In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse”.
L’utilizzo dell’acronimo BES sta quindi ad indicare una vasta area di alunni per i quali il principio della personalizzazione dell’insegnamento, sancito dalla Legge 53/2003, va applicato con particolari accentuazioni in quanto a peculiarità, intensività e durata delle modificazioni".
Il problema didattico organizzativo  (BES)  coinvolge la quasi totalità dei docenti italiani,  che possono  ricevere comunicazioni dai loro Dirigenti scolastici del tipo: “Fermo restando l'obbligo di presentazione delle certificazioni per l'esercizio dei diritti conseguenti alle situazioni di disabilità e di Disturbo Specifico di Apprendimento (DSA), è compito doveroso dei Consigli di classe indicare in quali altri casi sia opportuna e necessaria l'adozione di una personalizzazione della didattica ed eventualmente di misure compensative o dispensative, nella prospettiva di una presa in carico globale ed inclusiva di tutti gli alunni.
Strumento privilegiato è il percorso individualizzato e personalizzato, redatto in un Piano Didattico Personalizzato (PDP), che ha lo scopo di definire, monitorare e documentare, secondo un’elaborazione collegiale, corresponsabile e partecipata,  le strategie di intervento più idonee e i criteri di valutazione degli apprendimenti". Tutto bene, ma il consiglio di molti addetti ai lavori è un uso moderato di questi strumenti

Doriano