A.A.A. - D.S.A. - Dislessia, un limite da superare

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lunedì 14 marzo 2011

Disturbi specifici dell’apprendimento

Disturbi specifici dell’apprendimento
a cura del Dr. Francesco Sella
 
Col termine disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) ci si riferisce ad un gruppo eterogeneo di disturbi consistenti in significative difficoltà nell'acquisizione e nell'uso di abilità di ascolto, espressione orale, lettura, ragionamento e matematica, presumibilmente dovuti a disfunzioni del sistema nervoso centrale. Possono coesistere col disturbo specifico di apprendimento problemi nei comportamenti di autoregolazione, nella percezione sociale e nell'interazione sociale, ma questi non costituiscono di per sé un disturbo specifico dell’apprendimento.
I disturbi specifici dell’apprendimento possono verificarsi in concomitanza con altri fattori di disabilità o con influenze estrinseche (culturali, d'istruzione, ecc.), ma non sono il risultato di quelle condizioni o influenze (Hammill 1990, p. 77).
Principali caratteristiche dei disturbi specifici dell’apprendimento sono:
Base neurobiologica: anomalie funzionali e strutturali a carico di determinate aree cerebrali vengono indicate come correlati neurobiologici dei disturbi specifici dell’apprendimento. Ciononostante è bene ricordare che i fattori biologici interagiscono con quelli ambientali concorrendo alla comparsa dei disturbi dell’apprendimento.
Carattere Evolutivo: sempre più studi confermano l’origine genetica dei disturbi specifici dell’apprendimento andando a determinare un’anomala capacità d’apprendimento che quindi si manifesta già dalle prime fasi dello sviluppo.
Variabilità espressiva: ogni abilità d’apprendimento segue un percorso specifico che tende ad avere una diversa espressività a seconda delle varie fasi dello sviluppo.
Comorbilità: a conferma di una comune origine biologica questi disturbi tendono a presentarsi simultaneamente rendendo particolarmente eterogenei i quadri diagnostici.
Rilevanza: il disturbo deve avere un’interferenza significativamente negativa sull’adattamento scolastico e/o sulle attività di vita quotidiana.
Si denotano come “specifici” in quanto il disturbo interessa un’abilità circoscritta mentre il funzionamento intellettivo globale è preservato. In altri termini, deve emergere una “discrepanza” tra le capacità intellettive che risultano nella norma, e un’abilità specifica (es. lettura) la quale risulta deficitaria in rapporto all’età ed alla classe frequentata dal soggetto.
Per rilevare la presenza di deficit vengono utilizzati test standardizzati (permettono il confronto con un campione di riferimento) che consentono la misurazione sia dell’abilità compromessa che del funzionamento intellettivo. E’ quindi necessario escludere la presenza di condizioni che possano influenzare i punteggi nei test (criteri di esclusione): menomazioni sensoriali e neurologiche gravi, disturbi significativi della sfera emotiva; situazioni ambientali di svantaggio socio-culturale che possono interferire con un’adeguata istruzione.
Quando sono presenti patologie o anomalie sensoriali, neurologiche, cognitive e psicopatologhe (criteri di esclusione), la cui influenza non è in grado di spiegare interamente il deficit settoriale è opportuno optare la diagnosi di Disturbo d’Apprendimento (non specifico).
Nella categoria dei disturbi specifici dell’apprendimento rientrano i disturbi delle abilità scolastiche, in particolare: dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia.
Disturbo specifico di lettura (dislessia evolutiva)
“La caratteristica fondamentale del Disturbo della Lettura è data dal fatto che il livello di capacità che il soggetto ha raggiunto (precisione, velocità o comprensione della lettura misurate da test standardizzati) si situa sostanzialmente al di sotto di quanto ci si aspetterebbe data l’età cronologica del soggetto, la valutazione psicometria dell’intelligenza e un’istruzione adeguata all’età. Il Disturbo della Lettura interferisce notevolmente con l’apprendimento scolastico o con le attività della vita quotidiana che richiedono capacità di lettura. Se è presente un deficit sensoriale, le difficoltà nella lettura vanno al di là di quelle di solito associate con esso. Nei soggetti con Disturbo della Lettura (che viene anche definito dislessia), la lettura orale è caratterizzata da distorsioni, sostituzioni o omissioni; sia la lettura orale che quella a mente sono caratterizzate da lentezza ed errori di comprensione” (APA, 2000).
Si distinguono 2 tipi di dislessia:
evolutiva: di natura genetica emerge sin dalle prime fasi dell’apprendimento scolastico e tende a manifestarsi in modo diverso a seconda delle fasi dello sviluppo;
acquisita: solitamente presente in adulti che a seguito di lesioni cerebrali perdono, del tutto o in parte, la capacità di leggere correttamente.
Manifestazioni ed errori tipici che permettono di riconoscere il disturbo sono:
- difficoltà nel distinguere grafemi simili dal punto di vista grafico (es. “f-t”; “m-n”; “c-e”);
- difficoltà nel distinguere grafemi uguali ma con diverso orientamento (es. “d-q”; “p-b”; “a-e”; “u-n”; “b-d”);
- difficoltà nel distinguere grafemi corrispondenti a fonemi somiglianti da un punto di vista percettivo-uditivo (es. “t-d”; ”s-z”; “f-v”; “c-g”; “l-r”; “p-b”; “m-n”);
- omissione di parole e/o salti di riga;
- omissione di grafemi e sillabe: durante la lettura il bambino non legge consonanti, vocali o sillabe intere;
- inversione di sillabe: il bambino inverte la posizione di una sillaba che compone la parola (es. artiloco invece di tavolo);
- aggiunte e ripetizioni di sillabe o grafemi della parola (es. campagnana);
- difficoltà nella lettura di parole poco comuni o a bassa frequenza d’uso;
- difficoltà di riconoscimento dei gruppi consonantici complessi (“gn”; “gh”; “gl”; “sc”);
prevalenza della componente intuitiva: poiché il bambino non riesce a leggere correttamente usa maggiormente la componente intuitiva, ossia anticipa quella che potrebbe essere la parole scritta, compiendo errori.
N.B. Accanto al profilo di dislessia, una mole crescente di dati sembra supportare l’esistenza disturbo specifico della comprensione del testo scritto indipendente sia dai disturbi di comprensione da ascolto che dagli stessi disturbi di decodifica. Tuttavia, studi approfonditi devono ancora essere condotti prima di poter accertare l’effettiva sussistenza di un disturbo specifico della comprensione.
Disturbo specifico di scrittura (disortografia e disgrafia)
Disortografia
La disortografia consiste in una difficoltà nel realizzare il passaggio dal codice fonetico a quello grafemico. In altri termini, il bambino disortografico non è lo studente che non conosce le regole ma che nel tradurre in forma scritta il linguaggio parlato commette un numero eccessivo di errori, specialmente sotto dettatura, rispetto ai compagni della propria età/classe.
Gli errori più frequenti sono:
- confusione tra fonemi simili tra loro (es. “f-v”; “t-d”; “b-p”; “l-r”);
- confusione tra grafemi simili nella forma (es. “p-b”);
- omissioni di alcune parti della parola (doppie lettera, consonanti o vocali all’interno della parola);
- inversioni della posizione dei fonemi che la compongono (articolo-artiloco).
Disgrafia
La disgrafia è un disturbo a carico della componente grafica della scrittura: nello specifico, la qualità, intesa come leggibilità dei grafemi, e l’efficienza, intesa come velocità di scrittura, risultano compromesse. In altri termini, la calligrafia dei bambini disgrafici risulta difficilmente comprensibile. Inoltre può emergere una significativa lentezza nella scrittura riconducibile ad una scarsa coordinazione motoria.
Caratteristiche tipiche del disturbo sono:
- scrittura irregolare e difficilmente comprensibile;
- impugnatura scorretta e/o posizione del corpo inadeguata;
- utilizzo inadeguato dello spazio (es. non rispetta i margini del foglio, lascia spazi irregolari tra i grafemi e tra le parole, non segue la linea di scrittura);
- pressione sul foglio inadeguata (spesso eccessiva);
- difficoltà nella riproduzione grafica di figure geometriche e nel disegno in generale;
- scarsa coordinazione oculo-motoria;
- scarsa armonia del gesto (la mano non scorre adeguatamente sul foglio, velocità eccessiva, estrema lentezza, movimenti “a scatti”, frequenti interruzioni).
Disturbi specifici del calcolo (discalculia)
“La caratteristica principale del Disturbo del Calcolo e’ una capacità di calcolo (misurata con test standardizzati somministrati individualmente sul calcolo o sul ragionamento matematico) che si situa sostanzialmente al di sotto di quanto previsto in base all’età cronologica del soggetto, alla valutazione psicometrica dell’intelligenza, e a un’istruzione adeguata all’età. Il Disturbo del Calcolo interferisce in modo significativo con l’apprendimento scolastico o con le attività della vita quotidiana che richiedono capacità di calcolo. Se e’ presente un deficit sensoriale, le difficoltà nelle capacità di calcolo vanno al di là di quelle di solito associate con esso: se sono presenti una condizione neurologica o un’altra condizione medica generale oppure un deficit sensoriale” (APA, 2000).
Come suggerito dall’ICD-10 (OMS, 1992) sono vari i sintomi presenti in bambini che hanno difficoltà nell’elaborazione del numero:
- incapacità di comprendere i concetti di base di particolari operazioni;
- mancanza di comprensione dei termini o dei segni matematici;
- mancato riconoscimento dei simboli numerici;
- difficoltà ad attuare le manipolazioni aritmetiche standard;
- difficoltà nel comprendere quali numeri sono pertinenti al problema aritmetico che si sta considerando;
- difficoltà ad allineare correttamente i numeri o a inserire decimali o simboli durante i calcoli
- scorretta organizzazione spaziale dei calcoli;
- incapacità ad apprendere in modo soddisfacente le “tabelline” della moltiplicazione.
Gli errori più frequenti che caratterizzano il disturbo sono:
- errori di conteggio ed enumerazione (es. 1,2, 4, 5, 7…);
- errori di “lessicazione” (incapacità di trascrivere numeri in cifre : “Ventiseimilanove” = 2609).
- il recupero di fatti aritmetici (es. tabelline);
- il mantenimento e nel recupero delle procedure;
- l’applicazione delle procedure;
- difficoltà visuospaziali.
Pre-requisiti, diagnosi ed incidenza
Le difficoltà nelle competenze comunicativo-linguistiche, motorioprassiche, uditive e visuospaziali in età prescolare sono possibili indicatori di rischio di disturbi specifici dell’apprendimento, soprattutto in presenza di una anamnesi familiare positiva. Nella fascia 3-5 anni i bambini dovrebbero aver sviluppato determinate abilità, denominate pre-requisiti.
Per quanto riguarda la letto-scrittura dovrebbero emergere:
- abilità fonologiche e metafonologiche (articolazione dei suoni che costituiscono le parole, strutturazione della frase composta da soggetto/verbo/complemento, individuazione delle parole che iniziano con la stessa sillaba/lettera);
- competenze riguardanti il sistema scritto (eseguire il segno grafico, adeguata coordinazione visuo-motoria, capacità di gestire lo spazio del foglio);
- capacità di coordinazione (impugnatura corretta della matita, adeguata motricità fine);
- capacità di memoria (ricordare la propria età, il proprio indirizzo, il nome di compagni di classe).
Al termine del primo anno della scuola primaria è opportuno porre particolare attenzione e segnalare ai genitori quei bambini che presentano:
- difficoltà nell’associazione grafema/fonema o viceversa;
- mancato raggiungimento del controllo sillabico nella letto-scrittura;
- eccessiva lentezza nella lettura e scrittura;
- incapacità di riprodurre le lettere in stampato maiuscolo in modo leggibile.
Per quanto riguarda l’area del calcolo alla fine della scuola dell’infanzia i bambini dovrebbero aver raggiunto:
- l’enumerazione fino a dieci (enunciazione della serie verbale automatica);
- il conteggio fino a cinque;
- il principio di cardinalità (l’ultima parola-numero pronunciata in un conteggio designa la numerosità dell’insieme);
- la capacità di comparazione di piccole quantità.
Anche in questo caso devono essere segnalati quei bambini che alla fine del primo anno della scuola primaria non hanno raggiunto:
- il riconoscimento di piccole quantità;
- la lettura e la scrittura dei numeri entro il dieci;
- il calcolo orale entro la decina anche con supporto concreto.
Sebbene segnali evidenti di difficoltà, tali da rendere necessario il monitoraggio di questi alunni, possano essere presenti sin dalla scuola dell’infanzia e dal primo anno della scuola primaria, si preferisce attendere il completamento del ciclo d’istruzione formale per porre diagnosi, in modo da evitare un eccesso di falsi positivi. Nello specifico, per quanto riguarda dislessia, disortografia e disgrafia si attende la conclusione dell’insegnamento del codice scritto che coincide con la fine secondo anno della scuola primaria. Similmente, per diagnosticare con maggiore accuratezza la presenza di discalculia, si attende la fine del terzo anno della scuola primaria.
Premesso che a seconda dei criteri diagnostici utilizzati da clinici e ricercatori l’incidenza può variare, si stima che in Italia i casi di disturbi specifici dell’apprendimento riguardino il 3-4% della popolazione, all’incirca un bambino per classe.
Intervento sui disturbi specifici dell’apprendimento
Scopo principale degli interventi sui disturbi specifici dell’apprendimento è ridurre l’impatto che questi disturbi possono avere sulla carriera scolastica e sulla vita degli alunni. Interventi a 360 gradi prevedono l’impiego di conoscenze legate a figure professionali diverse (psicologo, neuropsichiatra, pedagogista, logopedista) e richiedono la collaborazione/interazione “alunno-famiglia-scuola-esperto”. Sin dalla scuola dell’infanzia è possibile attuare degli interventi preventivi rivolti a tutti gli alunni allo scopo di potenziare i prerequisiti. Durante il primo anno di scuola primaria è invece opportuno somministrare test di screening in modo da individuare quei bambini a rischio, così da favorirne il monitoraggio ed un’eventuale diagnosi precoce. Questo iter consente, qualora ce ne fosse bisogno, di attuare tempestivamente dei percorsi di potenziamento per quelle abilità che risultano compromesse. Il bambino che riceve una diagnosi precoce e viene sottoposto ad un potenziamento ha maggiori probabilità di migliorare le prestazioni ed allo stesso tempo conoscere ed usare strumenti e strategie alternative adatte alla sua condizione. Ai genitori dei bambini con disturbi specifici dell’apprendimento si consiglia di rivolgersi ad un esperto degli apprendimenti che possa garantire un approccio scientifico al caso: valutazione, diagnosi e l’applicazione di un trattamento centrato sui punti di forza e debolezza del bambino sono passaggi fondamentali per auspicare un miglioramento nello sviluppo delle competenze compromesse dal disturbo ed evitare possibili ripercussioni negative a livello emotivo-motivazionali (es. frustrazione).
Bibliografia
AID, Associazione Italiana Dislessia (2007), Consensus Conference, Disturbi evolutivi specifici di apprendimento. Raccomandazioni per la pratica clinica definite con il metodo della Consensus Conference, Montecatini Terme, 22-23 settembre 2006, Milano 26 gennaio 2007. [Liberamente tratto].
APA, American Psychiatric Association (2000), Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, DSM-IV-TR, IV ed. Text Revised, Washington, D.C., APA; trad. it. Manuale diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, DSM-IV-TR, Milano, Masson, 2002, II ed.
Cornoldi C. (a cura di) (2007), Difficoltà e disturbi dell’apprendimento, Il Mulino, Bologna. [Liberamente tratto].
www.dsanotizie.it [Liberamente tratto].
Hammill, D.D. (1990), On defining learning disabilities: an emerging consensus, in “Journal of Learning Disabilities”, 23, pp. 74-84.
OMS (1992), International Classification of Diseases, ICD-10, X ed., OMS; trad. it. ICD-10, decima revisione della classificazione internazionale delle sindromi e dei disturbi psichici e comportamentali: criteri diagnostici per la ricerca, Milano, Masson, 1995.

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