La recente vicenda dei test Invalsi, indicati da alcuni come strumento essenziale per la valutazione esterna della scuole ma divenuti oggetto di rifiuto, boicottaggio o rivolta, induce alcune osservazioni e considerazioni.
1 - L’indagine Invalsi-Accademia della Crusca
La scuola italiana, intesa nel suo complesso, cioè come “sistema”, sta maluccio o proprio male, non funziona come dovrebbe, non soddisfa per il servizio reso. Pur considerando che la percentuale di Pil investito in istruzione è bassa (l’Italia è in coda nelle statistiche europee) e destinato (dal governo) ancora a scendere, il rapporto costi/benefici non è soddisfacente. Ben lo sanno i docenti (almeno una buona parte) da circa una ventina d’anni. Però nessuno si preoccupa o si interessa ad ascoltarli o consultarli e loro stessi non sono capaci di farsi sentire come gruppo o categoria nemmeno per i problemi che li toccano direttamente (contratto, retribuzioni, precariato).
Riguardo alla situazione della scuola, ecco cosa scrive Paola Mastrocola (1):
«…. all’inizio di luglio 2010 sono usciti dei risultati molto interessanti di cui, tanto per completare la descrizione (rigorosamente oggettiva!) del fenomeno, non vi vorrei privare… Si tratta dell’ultimo rapporto sugli esami di Stato per la scuola superiore italiana, una ricerca condotta dall’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI) insieme con l’Accademia della Crusca su un campione, elaborato dall’Istat, di studenti in uscita dal liceo; una squadra di super esperti ha analizzato e appositamente ri-corretto i temi della maturità 2009. Sottolineo : maturità, non licenza elementare o media.
Risultato: l’85 per cento fa errori di grammatica (cioè non conosce le regole della lingua italiana), il 70 per cento è insufficiente per competenza lessicale e semantica (cioè una un lessico poverissimo o lo usa impropriamente) e quasi il 60 per cento è insufficiente per capacità ideativa (cioè non ha idee o non le sa esprimere in un discorso logicamente strutturato e compiuto).
Risultato tradotto in breve: quasi nessuno sa più scrivere. O meglio, media finale: più del 70 per cento non sa scrivere. Cioè più dei 2/3 dei ragazzi che escono dalle superiori. Venti su trenta, 700 su mille.
Questo vuol dire che, dopo averli tenuti a bagno per ben quindici anni (dall’asilo all’esame di maturità), la scuola riconsegna alla società dei ragazzi che, due su tre, non sanno scrivere quello che (eventualmente) pensano.
Domanda finale, anche detta «domanda dell’ottovolante»: ma se questi sono i risultati di quindici anni di scuola, non era meglio andare tutti sull’ottovolante?»
E quanto sopra sintetizzato avviene alla maturità, nonostante una dispersione scolastica intorno al 20% (2) e con circa il 23% di studenti che arrivano a quest’esame avendo ripetuto almeno un anno scolastico, hanno cioè già 20 o più anni.
Se le conclusioni Invalsi-Accademia della Crusca (su un campione Istat) sono valide (e lo sono, fino a che qualcuno non dimostra il contrario!), sorgono due domande:
1ª) come è possibile che i 2/3 dei maturati dai licei (dai licei!) non sappiano scrivere? e
2ª) quali provvedimenti hanno adottato o stanno attuando governo e Miur per porre rimedio a questa situazione?
2ª) quali provvedimenti hanno adottato o stanno attuando governo e Miur per porre rimedio a questa situazione?
La risposta alla 1ª domanda può essere: la causa va ricercata nella inefficienza dell’interazione didattica (unita allo scarso studio da parte dei ragazzi) cui si aggiungono valutazioni troppo benevole e condiscendenti e sufficienze non dovute, cioè gli alunni vengono promossi (anno per anno e anche all’esame finale) pur non meritandolo. Ciò accade perché le scuole sono nella condizione di non poter bocciare oltre un certo limite (3). Questa situazione si riscontra per una percentuale spaventosa di alunni, è insieme causa ed effetto dell’abbassamento dei livelli di istruzione, ha prodotto una assuefazione occultata con la quale convive (rassegnato e costretto?) il nostro sistema scuola.
La 2ª domanda non ha risposta. Cioè governo e Miur non stanno facendo nulla, anzi stanno riducendo le risorse e vanno perciò nella direzione diametralmente opposta. In particolare, non risultano azioni volte alla riduzione della dispersione scolastica. Se si riducesse la dispersione, tutto il sistema scuola ne ricaverebbe vantaggio e sollievo.
Da notare che l’indagine Invalsi-Acc. Crusca 2009 è avventa senza affatto interferire né sulla didattica né sulla tranquillità psicologica di alunni e docenti: infatti è consistita nella ri-considerazione di elaborati già pronti e disponibili, destinati all’archivio, opportunamente resi anonimi . Per la cronaca, una indagine analoga, e con le stesse conclusioni (rese note a gennaio 2010), era stata già fatta su un campione più ampio, di 6.000 elaborati del 2007.
2 - I test Invalsi somministrati a tappeto (maggio 2011)
In considerazione delle indagini già effettuate in collaborazione con Acc. Crusca e delle scarse risorse economiche e di personale disponibili, l’Invalsi avrebbe eventualmente dovuto operare testando specifiche e selezionate problematiche e questioni complementari a quelle già indagate, sempre con modalità a campione, possibilmente rimanendo all’esterno della attività didattica e della valutazione/votazione, senza condizionare questa e senza angosciare, intimorire o insospettire alunni e docenti. Al contrario Invalsi, indirizzato dal Miur, ha attuato indagini a tappeto (2.200.000 alunni testati) (4) in sovrapposizione e all’interno della didattica (potenzialmente distorcendola e impoverendola) ed ha anche espresso valutazioni che hanno integrato la valutazione tradizionale dei docenti. Insomma un intreccio pasticciato.
Abilmente il Miur ha infiltrato nelle scuole le attività Invalsi con gradualità temporale e operativa: anno dopo anno, dapprima con annunci, poi con attività senza valutazione, infine con sue valutazioni che entrano nella valutazione scolastica individuale. Ciò è già in atto per l’esame di terza media e si promette, o minaccia, anche per la maturità del 2012.
Sono queste modalità pervasive del Miur che giustamente hanno disorientato, insospettito, irrigidito docenti, alunni e genitori, ne hanno provocato la reazione e l’ostilità. Inoltre la grancassa del merito, in azione ormai da anni, ha indotto a ipotizzare e temere che graduatorie basate sui risultati Invalsi preludessero a possibili operazioni di gratificazione/punizione economica.
Questa vicenda ha spiazzato e messo in difficoltà anche i presidi. Alcuni, adusi ad un comportamento double-face (sottomessi con la gerarchia e dittatorelli con i sottoposti), hanno emanato ordini di servizio illegittimi e c’è stato anche chi ha sospeso (siamo a maggio) un’intera classe.
3 – I test come serpentelli da buttar via con l’acqua sporca
Anche se Gelmini assicura e tranquillizza che i test Invalsi hanno avuto svolgimento regolare, al 98% (5), la sensazione è che la ministra faccia buon viso a cattivo gioco. Le proteste e il boicottaggio da parte Cobas e di altri sindacati di base hanno avuto, oltre alle adesioni di prof, genitori e studenti, un forte impatto mediatico. Molti si stanno chiedendo cosa combini il Miur e cosa faccia l’Invalsi. I risultati dei test sono stati sicuramente alterati, perciò invalidati e forse inutilizzabili.
La Cgil invece non si è mobilitata né ha dato indicazioni operative ai suoi iscritti, si è limitata a stilare validi documenti di critica degli aspetti tecnici e politici dell’operazione test. Citiamo solamente: “una vera cultura della
valutazione non può essere imposta a suon di circolari, di atteggiamenti gerarchici e autoritari bensì ha bisogno, oltre che di risorse, di coinvolgimento, di consapevolezza, di partecipazione degli attori coinvolti.” (6)
valutazione non può essere imposta a suon di circolari, di atteggiamenti gerarchici e autoritari bensì ha bisogno, oltre che di risorse, di coinvolgimento, di consapevolezza, di partecipazione degli attori coinvolti.” (6)
Va preso come contributo al dibattito e stimolo alla discussione l’articolo apparso sul sito lavoce.info: “L’Invalsi è democratico” (7), ripreso da Tito Boeri su Repubblica con: “II costo della rivolta contro i test Invalsi” (8) e poi da Tuttoscuola con: “Invalsi/1 - Un istituto 'democratico'?” e “Invalsi/2 - Uno studio di caso a Trento” (9) e da qualche blog: “Prove Invalsi: ne parlano gli... esperti” (10).
Anche se al momento non ci sono motivi evidenti in tal senso e senza voler ipotizzare processi alle intenzioni, sarebbe meglio che i discorsi fossero chiari (sì, sì; no, no;) per poter escludere in futuro un ripescaggio peloso dei test Invalsi nella loro veste attuale. Esplicitamente questi test sono come dei serpentelli da buttar via con l’acqua sporca! Sicuramente, decisamente e subito!
Gio, 26/05/2011 - Orizzontiscuola pubblica - di Vincenzo Pascuzzi -
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