Tratto da Superabile - di Salvatore Nocera, vicepresidente nazionale Fish
Nei giorni scorsi si sono svolte le prove Invalsi, per le quali sono state previste modalità particolari per gli alunni con disabilità. C'è chi ha parlato di discriminazione e di ritorno alle classi speciali, ma il vicepresidente Fish Salvatore Nocera la pensa diversamente. E spiega quali sono in realtà i problemi che la scuola italiana deve affrontare in tema di integrazione
ROMA - Nei giorni scorsi si sono svolte le prove Invalsi sulla rilevazione dei livelli standard di apprendimento in alcune classi dei diversi gradi di scuola. La nota dell'Invalsi in cui si chiariva la partecipazione a tali prove da parte degli alunni con disabilità ha determinato una serie di commenti da parte della stampa specializzata, quasi tutti negativi per la discriminazione di cui sarebbero oggetto gli alunni disabili. Commenti negativi che non condivido. Le prove, come è spiegato nella nota dell'Invalsi, non servono a valutare gli apprendimenti dei singoli alunni, ma solo a effettuare una rilevazione standard della media italiana degli apprendimenti in talune discipline a seconda dei diversi gradi di scuola per un accordo con i Paesi dell'Ocse.
Si può discutere della legittimità di tali prove e dei quesiti la loro
attendibilità per rilevare i livelli di apprendimento. Su questo punto ritengo che il discorso debba svilupparsi massimamente per approdare - ove possibile - a metodi più idonei a tali rilevamenti. Ciò che mi è sembrato viziato da preconcetti ideologici è, invece, insistere sul fatto che le modalità di svolgimento di tali prove fossero discriminatorie. La nota distingueva, infatti, 5 possibilità: la prima riguardava gli alunni con disabilità intellettiva certificata. Si precisava che questi alunni ufficialmente non partecipavano alle prove standard perché i loro percorsi didattici sono personalizzati e non standardizzati. Potevano però partecipare alle prove, adattate secondo i loro piani educativi personalizzati, senza che comunque i risultati potessero entrare a far parte della media degli altri alunni. Si prevedeva, inoltre, che si dovessero svolgere tali eventuali prove in aula separata per essere assistiti dai docenti e per non disturbare gli altri alunni. Se si considera che si trattava di modalità concordate a livello Ocse e che in tutti gli altri Paesi dell'Ocse non esiste l'integrazione scolastica generalizzata degli alunni con disabilità - come accade fortunatamente in Italia - la previsione che i risultati degli alunni disabili non dovesse far media con gli altri non mi sembra discriminatoria.
La seconda possibilità riguardava gli alunni ipovedenti, la terza gli alunni ciechi, la quarta gli alunni con disturbi specifici dell'apprendimento e la quinta tutti gli altri, ad esempio alunni sordi, con disabilità motorie ecc. Per tutti questi casi era prevista la possibilità d partecipazione ufficiale alle prove, i cui risultati potevano entrare nella media dei compagni; anzi potevano essere previsti tempi di poco superiori a quelli concessi agli altri alunni. Anche per questi alunni era stabilito che, se avessero dovuto essere assistiti dai docenti, avrebbero dovuto spostarsi in un'altra aula per non disturbare i loro compagni. Anche questa separazione dai propri compagni non mi pare discriminatoria, dal momento che si è voluto salvaguardare il rispetto delle modalità standard delle prove, la partecipazione di tali alunni alle stesse e l'attenzione al bisogno di assistenza da parte dei docenti, ad esempio nella trascrizione dei risultati indicati da questi alunni.
Nei commenti alle prove si è addirittura parlato di riapertura delle scuole speciali e delle classi differenziali. Ma sono ben diversi i rischi che l'inclusione scolastica in Italia sta correndo in questo periodo. Basti pensare ai tagli indiscriminati alla scuola pubblica che stanno determinando classi affollatissime e con la presenza di molti alunni con disabilità. È questa la discriminazione poiché impedisce ai docenti curricolari di potersi occupare - come stabilisce la legge - della presa in carico del progetto di inclusione dell'alunno disabile, con la collaborazione dei docenti per il sostegno. Queste classi stanno determinando, contro la volontà del ministero, la corsa al Tar da parte delle famiglie per ottenere il massimo delle ore di sostegno, dal momento che, in loro assenza, gli alunni con disabilità rimarrebbero abbandonati a se stessi. Le scuole speciali, invece, sono state favorire dal ministero e in modo reale con l'autorizzazione all'Istituto statale per sordi "Magarotto" di gestire corsi di specializzazione per docenti per sordi, i cui titoli - per legge - dovevano valere nelle sole scuole speciali per sordi. Si tratta di un'inversione di tendenza rispetto alla tradizione italiana quarantennale dell'inclusione scolastica. Ma c'è di più: se prima il ministero aveva precisato ufficialmente che tali nuovi singolari titoli di specializzazione dovessero valere solo per insegnare nelle scuole speciali per sordi, adesso pare che sia stato stabilito che tali titoli di specializzazione abbiano la precedenza nelle graduatorie provinciali per le supplenze agli alunni sordi inseriti nelle scuole comuni. Si tenga presente che questa nuova norma, se confermata, creerebbe una doppia discriminazione ai danni degli alunni sordi: i nuovi docenti preparati per insegnare nelle scuole dove studiano solo gli alunni sordi, potranno insegnare anche nelle scuole comuni dove l'inclusione richiede metodi e strategie totalmente diversi, validate scientificamente dalla pedagogia e dalla didattica. Inoltre, i "raccomandati di ferro" che hanno conseguito questi titoli farebbero concorrenza sleale a tutti gli altri aspiranti alla specializzazione per il sostegno dal momento che i corsi di specializzazione sono stati sospesi con il blocco delle attività delle Ssis, mentre l'Istituto "Magarotto", unico in Italia, ha potuto rilasciare titoli di specializzazione a un gruppo di privilegiati.
Sono queste le norme amministrative che, se vere, dovrebbero suscitare l'indignazione e far pretendere il divieto di tali titoli o almeno della loro circolazione nel campo dell'insegnamento nelle scuole comuni. Ma purtroppo, oggi, con la scusa della libera circolazione dei mercati, circolano anche titoli discriminatori come questi.
come si fa a capire quale è in ultimo il dettato ministeriale in riferimento agli alunni con sostegno e l'esame di licenza del primo ciclo?
RispondiElimina