di Paolo Beneventi
Quando ero piccolo, mia madre insegnava in una scuola speciale, e ogni tanto mi ci portava. A parte alcuni bambini effettivamente con grossi problemi e i down, che sono comunque un discorso a parte, la maggior parte degli alunni erano i cosiddetti "caratteriali", cioè ragazzi che mal sopportavano la scuola "normale". E la loro scuola, in effetti, era molto più bella della mia: laboratori di incisione, falegnameria, fotografia, attività musicali e teatrali. E io pensavo: ce l'avessi io una scuola così!
Da grande, mi sono ritrovato poi per tanti anni a portare nelle scuole attività culturalmente importanti, tecnicamente avanzate, didatticamente ineccepibili e però divertenti e interessanti davvero, anche nel confronto con il mondo di fuori, e che ai bambini piacciono moltissimo, anche se a volte l'impegno richiesto è maggiore che per tante attività curricolari.
Stanno attenti, lavorano bene, ricordano le cose, sanno organizzarsi in modo efficiente, si rendono conto di produrre essi stessi sapere e cultura: facendo teatro, scrivendo libri, allestendo musei, girando film! Una gioia per l'educatore, ma probabilmente una situazione imbarazzante per l'insegnante burocrate, e in generale non gradita dalla scuola in quanto istituzione. Io lo ripeto, ne sono convinto, accetto confronti con chiunque: troppo facile e troppo bello!
Immagino che Anselmo Cioffi sia abbastanza d'accordo con me, quando scrive: «Ancora oggi, nella maggior parte delle nostre scuole è egemone la convinzione per cui premio, punizione, sofferenza e sacrificio siano elemento essenziale per l'insegnamento e l'educazione scolastica». E propone un punto di vista insolito: «La dislessia può inserirsi come contraddizione nel sistema scuola, per far emergere i limiti e le carenze della didattica tradizionale, evidenziando quanto essa sia asfittica, rigida e poco malleabile alle trasformazioni e alle esigenze di conoscenza dei singoli».
Non curare i dislessici dunque, perché si inseriscano nella scuola così com'è, ma curare la scuola, perché sia in grado di inserire i dislessici "così come sono". E Rossella Grenci riprende e titola: "La dislessia come misura per un nuovo tipo di scuola".
alcuni studi hanno dimostrato che la dislessia potrebbe essere curata con la risonanza magnetica
RispondiEliminaqui lo studio
http://it.emcelettronica.com/curare-dislessia-speranza-nella-risonanza-magnetica