http://www.10righedailibri.it/prime-pagine/storie-normale-dislessia-15-dislessici-famosi-raccontati-ai-ragazzi
di
Albert Einstein
di
Rossella Grenci - Daniele Zanoni
Albert Einstein
La preoccupazione per l’uomo
e per il suo destino devono
rappresentare il primo
interesse di ogni sviluppo
tecnologico.
A
LBERT EINSTEINCominceremo dal genio più grande dell’età
moderna e anche di tutti i tempi: Albert Einstein.
Albert, nato in Germania a fine del 1800,
da bambino parlò in ritardo e la sua famiglia
era molto preoccupata per questo. La sorella
raccontò che quando cominciò a parlare ripeteva
ogni frase a se stesso a bassa voce; questa
abitudine strana la conservò fino all’età di 7 anni.
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Imparò a leggere a 9 anni, nonostante
si vedesse che era un bambino intelligente.
Egli raccontò che a scuola il suo punto debole era
la memoria. Questo problema non lo abbandonò
tanto che, quando era già uno scienziato famoso,
non si vergognava di avere nel suo studio
una lavagna dove c’erano scritte le tabelline.
A un giornalista, sbalordito per la sua abitudine
di non imparare a memoria il proprio numero
di telefono, replicò assai seriamente che il suo
cervello era troppo prezioso per occuparlo
a mandare a memoria numeri che poteva benissimo
scrivere sulla sua agenda, e che solo uno sciocco
l’avrebbe intasato con dati del tutto inutili.
Un insegnante di Einstein disse che era lento
di mente, si isolava dai compagni e si perdeva
nei suoi assurdi sogni.
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L’insegnante di latino gli disse:
«Non sarai mai nessuno!» In verità oggi
crediamo che Einstein abbia avuto questi problemi
a causa della dislessia.
Albert raccontò che nei suoi sogni aveva
l’abitudine di immaginare di partire dal sole
alla velocità della luce, per raggiungere la fine
dell’universo, esplorandolo. Più avanti negli anni
dirà: «Il dono della fantasia ha significato molto
di più per me, che non la conoscenza concreta.
La conoscenza è limitata, l’immaginazione
abbraccia il mondo».
A 5 anni il papà gli regalò una piccola
bussola magnetica. Era a letto malato.
Albert restò incantato da quell’ago
che segnava sempre il
nord.27
A 70 anni disse che quell’esperienza fatta
nell’infanzia gli lasciò l’impressione forte
che dietro le cose doveva esserci qualcosa
di molto nascosto.
A casa amava costruire modellini e fabbricare
oggetti intagliati.
La mamma gli trasmise l’amore per la musica
ed Albert imparò a suonare il violino, del quale
rimase sempre un appassionato.
Il suo violino, che chiamava «Lina»,
gli serviva per rilassare la mente e risolvere
i suoi problemi, forse quelli matematici
e anche quelli amorosi.
Una volta disse che gli sarebbe piaciuto
diventare un musicista anziché uno scienziato!
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Il piccolo Albert
a 5 anni
La grande passione
di Einstein: il violino
Quando Albert aveva 12 anni lo zio Jacob
gli regalò un libro di geometria e cominciò
ad impartirgli lezioni di matematica che ricordò
sempre come un’importante esperienza per lui,
perché legata ad un insegnamento fatto anche
di storielle ed esempi divertenti.
La famiglia di Albert, di origine ebrea,
aveva l’antica usanza di invitare a pranzo
il sabato un ebreo povero. Nel caso degli Einstein
ciò avveniva il giovedì, quando la famiglia
divideva il pranzo con uno studente di medicina
che proveniva dalla Russia. Anche lui ebbe
un ruolo importante per la formazione di Albert
perché gli fece leggere alcuni libri scientifici
che poi commentavano insieme.
A scuola Einstein non fu uno studente modello.
Egli non solo discuteva con i suoi insegnanti
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e criticava le regole della geometria degli antichi
greci e le leggi della fisica allora note.
Un professore gli disse: «Tu hai un difetto:
non ti si può dire niente».
Mentre Einstein passava brillantemente
gli esami di matematica e di fisica, trovava
intollerabili altre lezioni.
Questa è una pagella di Einstein, che ancora
oggi è conservata presso l’Università Ebrea
di Gerusalemme:
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Tedesco
Francese
Inglese
Italiano
Storia
Geografia
Algebra
Per problemi di lavoro del padre, la famiglia
dovette trasferirsi a Milano ma lasciò Albert
a Monaco, dove avrebbe dovuto finire la Scuola
Superiore a Durante. Albert, non trovandosi bene
in quella scuola, e sentendosi solo, dopo poco
raggiunse i genitori; una volta arrivato in Italia
la famiglia decise che doveva iscriversi
al Politecnico di Zurigo, il più famoso centro
per lo studio delle scienze di tutta Europa,
ma per accedere a quella scuola avrebbe dovuto
continuare gli studi privatamente e poi sostenere
un esame. E così fece.
Il giovane tuttavia non riuscì a superare
la prova di ammissione nonostante avesse
dimostrato un’ottima preparazione in matematica
e in fisica, in quanto gli vennero riscontrate gravi
carenze nelle materie letterarie. Lo stesso
direttore del Politecnico, favorevolmente
....... 5 Geometria...................... 6...... 3 Geometria descrittiva ... 6........― Fisica............................. 6....... 5 Chimica ......................... 5.......... 6 Storia naturale.............. 5.... 4 Disegno artistico........... 4....... 6 Disegno tecnico............. 432
impressionato dalla sua preparazione nelle materie
scientifiche, gli consigliò di frequentare
una scuola svizzera per conseguire il diploma
di abilitazione con il quale avrebbe potuto
accedere al Politecnico.
Nonostante tutte le difficoltà, anche di tipo
economico, per cui mentre studiava dava anche
lezioni private, si laureò in matematica a 21 anni.
In seguito stette un anno quasi completamente
a riposo per riprendersi dal grande sforzo
compiuto.
Ebbe un lavoro poco soddisfacente
come impiegato all’Ufficio Brevetti di Berna,
in Svizzera. Einstein, tra un brevetto e l’altro,
trovò il tempo di mettere a punto quella che lui
stesso chiamò una «intuizione rivoluzionaria»
e che lo portò al Premio Nobel nel 1921.
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Seguendo l’idea che «dietro tutte le cose
ci doveva essere qualcosa di profondamente
nascosto», introdusse il concetto
del «quanto di luce».
Questa scoperta ha reso la nostra vita più
semplice e divertente: lo strumento che legge
i codici a barre al supermercato, le porte
che si aprono automaticamente, la fotocopiatrice,
la macchina fotografica digitale, i lettori Cd e Dvd
sono tutte conseguenze delle idee di Einstein.
Nel 1905 inviò tre articoli ad un famoso
giornale scientifico e furono pubblicati.
Ognuno di questi tre lavori conteneva in sé
una tale forza e una tale potenza innovativa
da essere in grado da solo di rivoluzionare
la fisica.
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Dovete sapere che alla fine del 1800
gli scienziati erano convinti di aver già scoperto
tutto e di potersi dedicare tranquillamente solo
al perfezionamento delle varie teorie.
Albert dimostrò che mai nulla di più sbagliato
si poteva pensare. La cosa curiosa è che i suoi
professori dell’Università di Vienna, quando
lessero gli articoli e videro Albert, si ricordarono
di lui. Rimasero colpiti e pensarono che da uno
come lui non si sarebbero mai aspettati questi
risultati, per cui decisero di trovargli un posto
come insegnante
nella loro università.
Già, si erano davvero
sbagliati!
Quando diventò insegnante disse ad un ragazzo
che aveva difficoltà in matematica:
«Non ti preoccupare delle tue difficoltà
con la matematica, io ho fatto più fatica di te…»
Alle difficoltà di Einstein dobbiamo
la sua semplicità: nonostante la matematica
di inizio ’900 fosse già molto complessa,
lui è riuscito a descrivere in modo perfetto
concetti particolarmente difficili, con l’uso
di strumenti relativamente semplici, seguendo
ragionamenti rigorosi e una logica ferrea.
Lo stesso Einstein disse: «A volte si considera
la scuola semplicemente come lo strumento
con cui trasferire la massima quantità di conoscenza
alla nuova generazione. Ma questo non è giusto.
La conoscenza è morta; la scuola, invece, serve
ai vivi. Essa dovrebbe sviluppare nei giovani
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quelle qualità e capacità che risultano utili
al benessere della comunità».
La cosa particolare è che era laureato
in matematica, ma le sue scoperte sono state
nel campo della fisica e viene ricordato soprattutto
per la scoperta della teoria della relatività.
Einstein attribuì lo sviluppo della teoria
della relatività al suo essere stato più lento
nell’imparare dicendo che, essendo giunto
al concetto di spazio e tempo più tardi
della maggior parte dei bambini, fu in grado
di rifletterci maggiormente.
Einstein fece ampio uso di immagini mentali.
Infatti, per elaborare la teoria sulla relatività
riferì che il primo suggerimento lo ebbe
a 16 anni, immaginando di viaggiare alla velocità
della luce seduto davanti a un raggio luminoso
con uno specchio davanti a sé.
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Accadeva che in questa scena non si potesse mai
riflettere la sua immagine di viaggiatore
sullo specchio. La luce e lo specchio, infatti,
viaggiavano alla stessa velocità. Da questa scena
visiva Einstein concluse che non vi può essere
nessun osservatore (ossia nessun corpo)
che possa raggiungere o superare la velocità
della luce.
Einstein diceva che, se una nuova teoria fisica
non si basava su un’immagine abbastanza
elementare da essere compresa da un bambino,
allora molto probabilmente questa teoria non
possedeva nessun valore. Einstein aveva ragione!
Molti scienziati mettevano in discussione
la sua teoria della relatività. Questa teoria doveva
avere nel 1919 una clamorosa conferma dai fatti.
Ed ecco come: nella sua teoria Einstein aveva
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predetto lo spostamento delle immagini stellari
durante una eclissi totale di sole.
Proprio il 29 marzo 1919 si sarebbe verificata
tale eclissi che poteva offrire favorevoli condizioni
per la verifica della teoria di Einstein.
La Royal Society e la Royal Astronomic
Society di Londra incaricarono un comitato
per una spedizione nella zona in cui il sole sarebbe
apparso totalmente oscurato. Furono inviate
due spedizioni in due punti molto lontani fra loro
entro la zona di eclissi totale: una nel Sobral,
nord del Brasile, l’altra nelle isole Principe, golfo
di Guinea. Ancora una volta Einstein aveva avuto
ragione!
Durante la Seconda guerra mondiale
Albert dovette fuggire in America
per le persecuzioni di Hitler contro gli Ebrei.
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Continuò a fare il professore universitario
e s’impegnò attivamente contro la guerra
e le persecuzioni razziste.
Ad una settimana dalla sua morte, accettò
di mettere il suo nome a fianco di quello di altri
sette premi Nobel su un manifesto che chiedeva
la messa al bando delle armi nucleari.
Il contenuto di questo documento pacifista,
che rappresenta il suo testamento spirituale,
si conclude con le seguenti parole:
«Noi rivolgiamo un appello come esseri umani
a esseri umani: ricordate la vostra umanità
e dimenticate il resto. Se sarete capaci di farlo
è aperta la via di un nuovo paradiso, altrimenti
è davanti a voi il rischio della morte universale».
Purtroppo le Grandi Potenze sfruttarono
le sue teorie per costruire la bomba atomica.
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Einstein è stato un personaggio «strano»
per il suo modo di fare. Del resto è raro vedere
un professore universitario, un premio Nobel,
che usa banconote di grosso valore come segnalibri,
non porta mai i calzini, indossa in pubblico
una maglietta con la figura di Paperino,
si presenta all’università in cui insegna vestito
con pantaloni sformati e maglioni gialli
e con una penna sempre infilata nel collo
del maglione!
L’immagine più famosa
che ci ha lasciato, forse
involontariamente,
è una foto che era solito
mandare agli amici
come biglietto d’auguri:
con una bella lingua Albert
ci saluta!
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