A.A.A. - D.S.A. - Dislessia, un limite da superare

A.A.A. - D.S.A. - Dislessia, un limite da superare

venerdì 15 febbraio 2013

DSA e L'Inglese


Coordinamento di Inglese del Liceo Aprosio ottobre 2007  
Informarsi sulla sindrome dislessica per procedere correttamente evitando errori che oltre ad essere   etodologicamente inadeguati, possono provocare sentimenti negativi o di rifiuto nei discenti. (Nei casi di suicidio dovuto ad insuccesso scolastico, i dislessici sono fortemente rappresentati, cfr Naldini, 2002): 
Riassumendo, gli alunni affetti da Disturbi Specifici dell’Apprendimento sono il 5% della popolazione cioè un alunno su venti (fare il rapporto con il numero degli alunni nella scuola). 
Tali disturbi sono di origine neurobiologica e oltre alla lettoscrittura ed alla discalculia, sono associati a problemi di orientamento spaziale e temporale (per es. lateralizzazione non risolta o difficoltà a 
ricordare una sequenza nell’ordine giusto) , di attenzione (DDA), di vista (identificazione e collegamento tra simboli scritti e suoni), di udito (discriminazione tra i vari suoni), ed inoltre di memoria breve come anche 
nello svolgere attività che sono automatiche per altri. In alcuni, l’abilità compromessa è anche quella dell’equilibrio e del movimento che porta a disprassia, cioè un modo di fare goffo e maldestro. Ogni dislessico è diverso nel senso che i sintomi si presentano in combinazioni e intensità diverse. 
Va tenuto presente che il dispendio di energie necessario alla decifrazione di un testo fa sì che i soggetti si stanchino rapidamente, commettano errori, non imparino. 
Si tratta di una disabilità che persiste nel tempo (pur evolvendosi) e che non si risolve nonostante un’intelligenza media o superiore. Essa si traduce in una maggiore lentezza con instabilità delle acquisizioni e in un persistere di errori legati alla transcodifica del linguaggio scritto la cui automatizzazione viene data per scontata mentre invece è il mezzo per attuare l’apprendimento (cfr. G. Stella). Gli sforzi per superare questo svantaggio sono difficilmente immaginabili da chi non ha mai sperimentato problemi di apprendimento e 
generano grande tensione anche in seno alle famiglie. A scuola questo disagio può tradursi in disturbi di comportamento, atteggiamenti di disinteresse per tutto ciò che può richiedere impegno, 
chiusura in se stessi, insomma in atteggiamenti di “rassegnazione appresa” che si manifesta in una mancanza di voglia di riscattarsi, con abbassamento drammatico dell’autostima e con ripercussioni psicologiche 
che persistono nella vita sociale adulta. A torto considerati pigri e colpevolizzati dagli insegnanti che li 
considerano un problema nella gestione della classe, questi studenti beneficiano ormai di strumenti dispensativi e compensativi (cfr. Circolare Ministeriale prot. 4099/A/4 del 5.10.2004 ). Tali interventi si basano sulla constatazione che non esiste un percorso abilitativo risolutivo: nonostante i miglioramenti, un dislessico mantiene sempre una differenza di velocità e di accuratezza di lettura (cfr. G. Stella). 
Se il dislessico legge con difficoltà, commette errori di ortografia, ha difficoltà con le sequenze numeriche e con la matematica, nel tempo queste difficoltà portano a complicazioni ulteriori: il lessico rimane 
povero (continue dimenticanze nel lessico, difficoltà a ricordare la parola giusta), i vuoti didattici si accumulano anche perché le materie sono insegnate attraverso libri e parole scritte, poco interesse per la lettura. Il quadro tipico è quello di un discente che non ce la fa. Peraltro, i dislessici dimostrano spesso creatività ed intuizione, e spesso eccellono nello sport o nella musica. Per arrivare ad una diagnosi di dislessia vanno escluse tutte le altre possibili cause: ambiente familiare o sociale carente e problematico, 
turbe psicologiche, quoziente d’intelligenza basso ( i ritardati mentali riescono ad imparare a leggere senza difficoltà ed in tempi nella norma! ) Va ricordato che la distrazione e la dimenticanza sono caratteristiche 
tipiche della dislessia. Per questi studenti in cui le abilità dell’emisfero sinistro (analitico) sono 
carenti, il metodo induttivo dà la possibilità di imparare in modo simile all’acquisizione naturale della lingua. Tuttavia questo approccio deve essere sostituito da quello analitico quando i fonemi e i grafemi gli devono 
essere spiegati in modo chiaro, graduale ed analitico in modo da aiutare gli studenti nella decodificazione dei suoni e delle parole. Inoltre, le regole grammaticali, una volta assimilate inconsciamente , devono essere spiegate e ripetute più volte per essere certi che non ci siano equivoci o dimenticanze soprattutto nella terminologia grammaticale che possano portare ad errori madornali nei test scritti di valutazione. L’approccio da preferire è solo quello in cui tutti i mezzi di comunicazione e di espressione sono egualmente rappresentati. 
Il discente dislessico non ha difficoltà a comprendere le regole grammaticali ma ha difficoltà a mettere le sequenze (anche temporali) in ordine oltre che a ricordare il lessico quando non è usato praticamente o 
è astratto. La difficoltà maggiore è la difficoltà di ricordare la terminologia grammaticale e di comprendere esattamente quanto richiesto in determinati esercizi. Un discente dislessico ha bisogno di più tempo per 
leggere e comprendere la consegna. Se poi copia dalla lavagna , può capitare che ometta delle parole chiave o delle sillabe con un risultato illeggibile. Per ridurre le possibilità di errori (più difficili da correggere che 
prevenire) è importante che il libro di testo sia di per sé chiaro ed esauriente e che non si faccia ricorso, in generale ma soprattutto nelle verifiche, a elementi non rintracciabili o non chiaramente trattati nel testo ed esercitati. 

COSA POSSIAMO FARE OLTRE A QUANTO DISPOSTO DALLE CIRCOLARI 

• -usare la lingua straniera in classe (i DSA imparano dall’esperienza) 

• -evitare test essenzialmente grammaticali (se è difficile decodificare e mettere nella corretta sequenza la lingua madre, farlo in lingua straniera può essere insormontabile e l’insuccesso quasi garantito) o, peggio, traduttivi. 

• -nei compiti in classe leggere la consegna ad alta voce e verificarne la comprensione 

• -negli esercizi proposti fornire l’esempio oltre alla consegna • -privilegiare gli approcci in cui la lingua è considerata un metodo di comunicazione (metodo induttivo) e in cui l’orale è importante quanto 
lo scritto e che la rendono accessibile anche a chi (DSA) ha uno stile di apprendimento molto particolare (prevalentemente visivo) 

• -usare modalità di insegnamento diversificate 

• -seguire un programma in maniera lineare e progressiva evitando accuratamente salti nel livello di difficoltà proposto 

• -introdurre un elemento nuovo alla volta 

• -valutare sempre il rapporto tra risultato e sforzo richiesto: per es. quando l’ investimento è sproporzionato rispetto a risultati comunque mediocri o non discriminanti ai fini della comunicazione (esempi classici: differenza tra I am going to e I am –ing oppure tra simple past e present perfect) 

• -attenersi al testo e predisporre esercizi di verifica con il lessico proposto dal testo e non su aree lessicali diverse o mai introdotte prima. 

• -è sempre opportuno fare una simulazione della verifica se possibile 

• -depenalizzare l’errore spiegando che fa parte del processo normale di apprendimento (vedere programmazione didattica di inizio anno) 

• -programmare lezioni di gruppo per la correzione del compito in classe con ricerca della versione corretta avvalendosi del testo di studio, consultando i compagni o, infine, rivolgendosi all’insegnante che si rende disponibile muovendosi tra i banchi (sono i principi del cooperative learning). 

• -aiutare gli studenti a valutare i propri errori mostrando come spesso hanno ripetuto lo stesso errore (è utile che contino le volte: p. es. l’articolo o il do/does) e come sarà facile aumentare il voto correggendo già solo quello 

• -far ripetere oralmente (a coppie) la correzione dell’errore ripetuto più volte in una verifica, con la relativa spiegazione (cooperative learning) 

• accontentarsi di risultati parziali confidando in un apprendimento per accumulazione nel tempo (grazie all’ampliamento del contesto che rende chiara la funzione delle singole parti) anche verso la fine di un ciclo • permettere agli studenti di ripetere la stessa verifica quando sente di avere superato gli ostacoli iniziali o comunque dargli atto che li ha  superati  nelle lezioni seguire una routine:

• dare riscontro immediato e regolare al lavoro fatto a casa con correzione in classe 

• assegnare regolarmente compiti per casa ogni lezione in una quantità gestibile e correggibile (il discente dislessico impiega molto più tempo degli altri a fare gli stessi compiti (per Lorenzo Caligaris, pedagogista all’Ospedale Riguarda di Milano, 5 volte tanto) perciò beneficia di una riduzione sul carico di lavoro domestico secondo le circolari ministeriali 

• non dare mai delle acquisizioni passate per scontate (spesso un’acquisizione avviene a scapito di una precedente) ma procedere serenamente alla ripetizione resasi necessaria 

• programmare frequenti ripetizioni in itinere e in seguito cicliche per moduli (è utile assegnare del tempo – da 1 a 3 minuti – per il rapido ripasso individuale di un elemento grammaticale e/o fraseologico lessicale, chiedendo poi ai discenti di ripeterlo in cooperative learning e poi all’insegnante 

• usare la stessa terminologia in maniera sistematica (per es. scegliere tra forma base del verbo o infinito) 

• non rilevare gli errori interrompendo durante una prestazione orale 

• nel commento ad un’interrogazione, identificare gli aspetti positivi prima di quelli negativi dimostrandosi ottimisti quanto alle possibilità di recupero alla fine del modulo di apprendimento 

La valutazione

• -proporre esclusivamente verifiche del programma effettivamente svolto e ripetuto in classe 

• -mostrare ottimismo sulle possibilità di recupero, indicandone però le priorità operative e compatibili con le circostanze 

• -ricordare che l’importante è che ci sia un miglioramento rispetto al livello di partenza • -non dare eccessiva importanza ad errori che non rechino pregiudizio alla comunicazione e alla comprensione (cfr. Michael 
Swan) 

• -dare un commento positivo ed incoraggiante facendo notare (durante la correzione in cooperative learning) quali errori ricorrenti hanno portato ad una valutazione negativa e come anche solo la correzione di alcuni di essi (dire quali) avrebbe comportato una valutazione ben migliore (dire quale), 

• -nel caso la dislessia sia molto grave è possibile che i risultati di una verifica scritta siano negativi in ogni caso. La cosa migliore è ripetere la verifica in forma orale con del materiale adattato allo scopo. (Se il test è a livello elementare-intermedio - ma anche più elevato - si dovrebbero inserire esercizi che siano basati non solo sulle parole ma che contengano vignette, fotografie, registrazioni video. cfr Naldini). 

• -tenere presente che lo studente dislessico può dare un’idea di sé più negativa di quella reale, sia perché anni di difficoltà scolastica e di vuoti didattici accumulati li rendono veramente poco abili, sia perché i DSA danneggiano l’immagine del discente sia infine perché il dislessico ha elaborato una strategia per cui preferisce dare di sé l’immagine di chi non ci tiene piuttosto che di chi non ce la fa (soprattutto di fronte ai compagni) per attenuare il proprio sentimento di inadeguatezza di fronte a un nuovo fallimento. Non 
dimentichiamoci i casi in cui alcuni di loro, seppure con un’intelligenza superiore alla media, hanno dato l’impressione ad alcuni insegnanti poco preparati, di essere dei ritardati mentali. 
(cfr. Naldini) 

I due punti principali per evitare errori didattici irreversibili sono secondo Chiara Naldini: 

1. La multimedialità e il ricorso alla tecnologia sono da preferire non solo per la lingua straniera ma anche per tutte le discipline. 

2. Non conoscere o misconoscere il vissuto personale del discentedislessico vuol dire non essere in grado di apprezzare i suoi sforzi e capire le sue reali possibilità. L’approccio comunicativo-affettivopermette di instaurare un rapporto di mutua collaborazione che non solo contribuirà al mantenimento della motivazione allo studio ma potrà aiutare il dislessico nel difficile compito di superare le frustrazioni accumulate 
da anni di disagio ed emarginazione scolastica. 

Fonti: Giacomo Stella, La Dislessia, Il mulino 2004

Giacomo Stella, In classe con un allievo con disordini 

dell’apprendimento, Fabbri editori, 2001 

Chiara Naldini, La dislessia e l’apprendimento dell’italiano come 

lingua straniera, Masteritals in didattica della ling

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