A.A.A. - D.S.A. - Dislessia, un limite da superare

A.A.A. - D.S.A. - Dislessia, un limite da superare

lunedì 5 marzo 2012

L’ODISSEA DI UNA MAMMA

RISPONDE IL NOSTRO ESPERTO
Purtroppo questi problemi sono molto diffusi ultimamente. Ci sono insegnanti che consigliano di privare i bambini di premi e regali sino a quando non manifestino più interesse e più voglia di studiare…
Tutto questo può sembrare semplicemente assurdo. Tanti genitori iniziano allora un percorso lungo ma doveroso e i presto risultati ripagano.
Prima tappa: è previsto dalla legge che dopo una certificazione di dislessia o disgrafia o disfonia da parte del medico specialista, la scuola e l’insegnante sono tenuti a tutelare il ragazzo/ragazza dal rendersi ridicoli o impacciati in mezzo agli altri, mettendo a loro
disposizione tempi e metodi per poter mantener il livello di insegnamento adeguato alla classe (so di ragazzi che vanno a scuola con il portatile).
L’insegnante deve essere cosciente del problema e accettare i consigli di chi ne sa qualcosa di più: la legge fa un elenco ben chiaro. Questa è la parte più difficile, ma occorre non demordere
e prima o poi le insegnanti capiscono e diventano anche i nostri migliori alleati.
Seconda Tappa: Percorso con la bambina presso un logopedista. I tempi sono sempre lunghi o troppo lunghi. Anche qui non mollare: una buona terapia eseguita presso un logopedista per almeno 5-8 mesi 2 volte alla settimana dà risultati sorprendenti.
Terza tappa: Lavoro a casa, molto, moltissimo. Attenzione: il lavoro deve essere quello giusto, divertente e motivante. Spesso si ha la fortuna di incontrare un esperto in gamba, il quale ad esempio può consigliare alcuni esercizi fisici per migliorare sia la lettura sia la scrittura. Cosa strana ma vera, anche 100 capriole al giorno possono fare la differenza.
Quarta tappa: Far crescere l’autostima del bambino. Diversamente si deprime e si scoraggia e presto subentrano altri problemi.
Con gli esercizi fisici e letture dedicate in pochi mesi un bambino, prima deriso dai compagni di classe per i suoi problemi, può tornare ad andare volentieri a scuola, e bastano pochi esercizi di mantenimento per non avere più problemi.
Il percorso non è veloce ma i bambini hanno tempi di risposta velocissimi. Questo è un grosso aiuto per i genitori, per cui conviene non mollare, prendere in mano la questione e partire avendo alle spalle un’adeguata conoscenza del problema. Non credo che cambiare classe sia utile; può esserlo solo nel caso di maestre non collaborative nonostante la certificazione del medico, ma questo per fortuna accade assai raramente.
Un cordiale in bocca al lupo
Davide Pedrazzani
Resp. Ufficio Formazione AGe nazionale

Tratto da: Associazione Italiana Genitori

Mia figlia, 10 anni, fin dalla prima ha evidenziato difficoltà di apprendimento nella lettura, nella scrittura, nella matematica. Poca passione, poca voglia, diciamo così poca predisposizione, poca memoria. Passati i primi due anni durante i quali, pur manifestando alle insegnanti la mia preoccupazione, mi veniva detto che la bambina era pigra, immatura allo studio, bisognosa di stare quasi praticamente fissa sui libri, mi sono"insospettita" e ho cominciato ad interessarmi da sola su Internet o chiedendo ad altre docenti. C'erano dei segnali precisi che la bambina mandava, errori frequenti e ripetuti. Mettendo insieme tutte le informazioni ho dedotto che poteva esserci un problema di dislessia. Ho fatto visitare mia figlia lo scorso anno privatamente da un dottore esperto che ha diagnosticato una leggera dislessia/disgrafia. Le insegnanti hanno avuto grossa difficoltà ad accettare questa diagnosi che non condividevano (forse perché si stavano rendendo conto che avevano sottovalutato il problema???) e hanno voluto per questo contattare, ma solo telefonicamente, il professore che
ha dato loro anche delle fotocopie con qualche accorgimento da adottare. Da allora più nulla da parte loro, tutta la quarta ad adottare questi 4 o 5 accorgimenti e basta (dispensarla dallo scrivere in corsivo prediligendo lo stampatello,tenere sotto le tabelline, farla leggere poco in classe). Nessun approfondimento, nessun interesse né, che so, compiti specifici, suggerimenti per la famiglia... Esistono libri, giochi al PC da proporre al bambino, corsi di approfondimento per le insegnanti... i bambini vanno motivati, interessati, gratificati, dispensati dai troppi compiti dando loro cose più specifiche. Dai colloqui con le insegnanti risultava che la bambina stesse facendo grandi progressi, cosa che mi insospettiva notevolmente dato che le sue difficoltà continuavano ad essere più o meno le stesse.
Ho parlato del caso con il Dirigente scolastico che però non ha in concreto fatto nulla per sollecitare o indicare strade da percorrere. Diciamo che mi sono sentita un po' spaesata, poco supportata dalla scuola come famiglia e mi chiedo quanto questo sia giusto e quante volte capiti.
Da parte mia, mi sono interessata, anche con l'aiuto di altre docenti, ho recuperato del materiale e ho messo in lista mia figlia presso la ASL per una visita con il neuropsichiatra da quasi un anno (non ti dico quanto mi hanno rimproverato fatto per la segnalazione in ritardo…) e sembra che prima dell'inizio della scuola riescano a visitarla. Le ho trovato un'insegnante per un aiuto durante l'estate e ho contattato una logopedista per visita imminente. La scorsa settimana ho avuto il colloquio finale con le insegnanti di 5° elementare. Secondo loro la bambina non ha più difficoltà del solito (non riesce a fare neanche le divisioni a una
cifra), è migliorata ma deve studiare e impegnarsi di più, stare più sui libri (cosa peraltro contraria a tutto quello che viene suggerito per i dislessici). Le ho lasciate parlare poi ho espresso le mie perplessità e preoccupazioni specie riferite all'estate (periodo lungo e senza sostegno scolastico) e ai progressi che, in realtà, non vedo. Ho chiesto loro cosa pensavano di fare per aiutare mia figlia, ma sostengono di non poter né saper fare nulla di più, rimbalzando
la palla al medico della prima diagnosi, alla famiglia che non fa fare i compiti e non segue nell'impegno la bambina con frequenza, alla ASL che non chiama per la visita.
Loro NON POSSONO fare nulla di più...
Mi hanno quasi aggredita sostenendo che il percorso corretto e da seguire deve essere quello che la famiglia segnala alla ASL il caso (cosa peraltro fatta ma, mi chiedo, dal momento che ho presentato loro la diagnosi del prof., non è quello un segnale che la famiglia prende atto delle difficoltà della figlia e chiede aiuto e supporto?? Non potevano e non possono loro comunque, al di là della procedura, fare qualcosa???). Ci sono in sostanza forti incomprensioni reciproche, poco interesse da parte loro e del Dirigente e secondo me anche una sottovalutazione del caso.
La mia intenzione era quella di scrivere una lettera breve,  indirizzata alle insegnanti, al Dirigente e ...a chi altro?? Faccio bene?

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