A.A.A. - D.S.A. - Dislessia, un limite da superare

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venerdì 17 febbraio 2012

Né «asini», né «mostri»: solo ragazzi da sostenere



di ANTONELLA AMODIO (*)
Questa incresciosa vicenda sottolinea come ancora non vi sia una chiara consapevolezza circa i D.S.A. Essi rientrano nel quadro di un disturbo a base neurobiologica che compromette il normale svolgimento delle attività scolastiche di bambini che non presentano alcun altra difficoltà e in nessun modo è ascrivibile a comportamenti familiari, in particolare a quelli delle mamme tacciate spesso di iperprotettività ed ora persino di inadeguatezza genitoriale. Che il quadro psicologico che si può instaurare nei casi non riconosciuti o non adeguatamente aiutati, possa divenire negli anni ben più severo del disturbo in sé, dovrebbe essere ormai storia nota. Non a caso il dottor Giacomo Stella, in Parlamento, durante la presentazione delle linee guida sui DSA emanate per la scuola, citava uno studio dal quale è emerso un dato significativamente superiore di casi di suicidio nei ragazzi in età scolare con diagnosi di D.S.A. Fobie scolari, atteggiamenti oppositivi, forme depressive sono infatti all’ordine del giorno in quei casi dove non vengono adottati i giusti accorgimenti. Questo è il disturbo invisibile, definito così proprio perché presente in ragazzi intelligenti a cui è molto più facile imputare uno scarso impegno che una reale difficoltà. Finiscono così spesso per essere sottoposti a continui rimproveri, se non proprio allo scherno di genitori, insegnanti, compagni…

Incompresi da tutti e quindi incolpati per quello che è invece un loro problema, sono i primi a non poterlo riconoscere e a ritenersi pertanto «asini» e «incapaci» con una grave ricaduta sulla propria stima di sé manifestando ben presto tra l’altro, un’elevata ansia da prestazione che finisce per inficiarne ulteriormente i risultati scolastici. Che i compagni di classe o i loro genitori non sappiano riconoscere in alcune manifestazioni di questi bambini quelle che invece sono continue richieste di aiuto e che possano piuttosto allarmarsene, è cosa del tutto normale. Mi spiacerebbe molto se i vecchi compagni di scuola di questo ragazzo potessero anche solo pensare di avere avuto una qualche responsabilità in questa faccenda, sono solo bambini, non ne hanno alcuna, i loro genitori poi, come potevano mai essere consapevoli di dinamiche interne ad una classe che ovviamente non frequentavano? Non è facile capire che il disagio che creo è figlio del disagio che provo…

Spesso in queste vicende le componenti esterne al consiglio di classe sono persino all’oscuro di una eventuale diagnosi ed in ogni caso non avrebbero le competenze adeguate per farvi fronte non essendo argomento di loro pertinenza, che non lo riconoscano gli addetti ai lavori e non vi pongano rimedio, è invece oggi cosa ben più grave. Vorrei citare solo per grandi lineee, l'effetto Pigmalione, noto anche come effetto Rosenthal. Esso dovrebbe essere conosciuto da ogni operatore scolastico, a prescindere i DSA. Deriva dagli studi classici sulla «profezia che si autorealizza» e il suo assunto di base può essere così sintetizzato: se gli insegnanti credono che un bambino sia meno dotato lo tratteranno, anche inconsciamente, in modo diverso dagli altri; il bambino interiorizzerà tale giudizio e si comporterà di conseguenza; si instaura così un circolo vizioso per cui il bambino tenderà a divenire nel tempo proprio come l’insegnante lo aveva immaginato. Inutile dire che sortisce gli stessi effetti qualsiasi siano i pregiudizi rispetto al discente, così se si ritiene che esso sia un violento con atteggiamenti antisociali, questi, con buona probabilità, nel tempo lo diverrà.

Dunque la scuola, non solo può non aiutare ma addirittura può distruggere. Vorrei però rassicurare i lettori, gli operatori scolastici in genere sono ben consapevoli di tutto ciò. Sempre più sono gli insegnanti capaci di riconoscere un DSA e di adottare adeguate misure dispensative e compensative. La storia che diviene nota si sa, la scrivono le eccezioni, per fortuna quella vera è quella di tutti i giorni, scritta dall’impegno di tanti e se non fa notizia fa invece cultura e instaura spesso rapporti che potremmo dire di amore, di quel particolare tipo di amore che lega il discente ai suoi maestri e che solo può portare all’amore per lo studio. [Coordinatrice Osservatorio regionale Dsa]

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