A.A.A. - D.S.A. - Dislessia, un limite da superare

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martedì 25 ottobre 2011

DISLESSIA Non leggiamo? Ora ci pensa la scuola

Libri speciali o audiolibri, meno compiti a casa e più elasticità in classe. Questi gli strumenti per aiutare gli studenti affetti da questo disturbo

DISLESSIA Non leggiamo? Ora ci pensa la scuola Foto Getty Images
NEL PASSATO, la questione veniva liquidata dagli insegnanti con uno sbrigativo: «Suo figlio è intelligente, ma svogliato». Ci sono voluti anni per ottenere una definizione ufficiale della dislessia come disabilità, anche se minore. «La legge 170 del 2010 introduce la difficoltà di lettura, scrittura e calcolo come Dsa, disturbo specifico dell’apprendimento» spiega Giacomo Stella, docente di Psicologia clinica all’Università di Modena e autore di Dislessia oggi (insieme con Enrico Savelli, edizioni Erickson). «Un importante passo in avanti per un problema molto diffuso: si calcola che ci sia un dislessico in ogni classe. Adesso basta presentare una diagnosi e la scuola deve adattarsi».

La legge è operativa da quest’anno: ma come sta andando? «Dipende, perché lascia uno spazio di grande discrezionalità» sostiene Alessandra Finzi, psicologa cognitiva che collabora con la casa editrice Biancoenero (
biancoeneroedizioni.com) per la nuova collana di narrativa Zoom, che utilizza un carattere di stampa speciale studiato proprio per i bambini che leggono con fatica. «Ai dislessici è permesso lavorare più sull’orale che sullo scritto e usare gli audiolibri o le sintesi vocali. Ma non tutti gli insegnanti hanno la sensibilità per assegnare a questi bambini meno compiti a casa e tempi più dilatati in classe. Soprattutto con l’inglese, che ha un’ortografia ostica». Ottimista il professor Stella: «La legge contribuisce a far cambiare la cultura, com’è successo per quella sul fumo. La scuola deve abituarsi a offrire opzioni diverse. Ce la farà».

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